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relazioni sociali malattie croniche

Fai un respiro profondo. Questo post è per te: per te che pensi che relazioni sociali e malattie croniche non possano convivere, ma soprattutto per te che pensi sia sempre colpa degli altri. Non lo è. Ho scoperto con enorme fatica quanto sia difficile uscire da sé stessi e rendersi conto che non esisto solo io al mondo, però è così. Non esisto solo io. Così come, anche se sei una persona che soffre di malattie croniche, non esisti solo tu. Lo so, fa male. Una cosa in più che fa male. Però serve, te lo prometto.

Avere una malattia cronica non ti avvicina alla santità

Mi dispiace dovertelo dire ma credimi, mi è dispiaciuto molto di più dirlo a me stessa. Io soffro di diverse patologie e questo non vuol dire che in alcuni casi, come tutti, non possa essere una grandissima stronza. Come tutti, come te. Relazioni sociali e malattie croniche sono difficili da gestire insieme, ma ti assicuro che lo sono di più se ti poni in un atteggiamento da martire al quale non si può mai criticare nulla, che non sbaglia mai perché la sua sofferenza è una continua giustificazione. Anche tu sbagli e, come ci sono cose da non dire a chi soffre di fibromialgia, ci sono anche cose che noi non dovremmo dire a chi amiamo. Vediamo un po’.

1. La mia malattia è peggiore della tua

Baby, non solo questa non è una gara. Ti dirò di più: se lo fosse, nessuno di noi si sognerebbe di voler vincere. Quindi mantieni la calma. Stai soffrendo, lo so, pensi che nessuno al mondo stia soffrendo quanto te, ma non è vero. C’è chi soffre quanto te e chi soffre più di te. Non avrai mai alcun modo per sapere con esattezza l’intensità del dolore altrui e, se anche lo avessi… che ti frega? Siamo tutti sulla stessa barca. Magari possiamo condividere qualcosa, capirci, essere empatici gli uni con gli altri.

2. Le mie relazioni sociali e malattie croniche sono inscindibili

Nì. Certo avere una patologia cronica fa parte di te, ed è una cosa che ti porti ovunque. Anche nelle tue relazioni. Questo però non vuol dire che tu non possa essere una brava moglie/un bravo marito/un bravo partner/un bravo familiare/un ottimo amico/la collega su cui fare affidamento. Sei molto di più della tua sola malattia cronica, e lo sai. Hai solo bisogno di ricordarlo.

3. Non ho problemi di salute mentale, ho solo problemi di salute fisica

Quanto ci piacerebbe, se fosse così. E invece no, devo darti torto di nuovo. Perché problemi di salute fisica cronici, invalidanti e persistenti avranno prima o poi una ripercussione sulla tua salute mentale. Chi te lo fa notare, se è una persona che ti ama, non sta sminuendo il tuo dolore. Sta dando uguale importanza a un dolore emotivo e psicologico che può devastare la vostra relazione. Certo, non tutti possiamo permetterci la psicoterapia e questo è un discorso a parte. Se te la puoi permettere, sai di averne bisogno e non la affronti, sei solo uno stronzo che pensa di poter continuare a rovinare le vite altrui. (Sì, in questo punto sto parlando nello specifico con Kanye West).

4. Relazioni sociali e malattie croniche: il lavoro spetta a chi sta bene

Torna per un attimo al punto 2. Stai male sì. Lo possiamo riconoscere, accettare come dato di fatto, renderlo un elemento fondante del tuo essere. Il tuo è un essere che sta male. Ma puoi essere infinite altre cose. Un essere che sta male e ascolta gli altri; un essere che sta male e riconosce il dolore altrui; un essere che sta male e porta gioia nella vita delle persone che ama. Qualunque sia la relazione sociale in questione (amore, amicizia, parentela) puoi e devi fare la tua parte. Per quanto microscopica ti sembri, è fondamentale perché l’altra persona non sia solo un* badante.

5. In questo momento non posso darti niente

Già va meglio. Ci sono periodi in cui il tuo sforzo psicologico, fisico ed emotivo per gestire la malattia occuperà tutto lo spazio disponibile. E va bene così. Quello che non va bene è che questi periodi si protraggano all’infinito. Se in questo momento non puoi dare niente alla persona che ami, la settimana prossima le darai qualcosina di più, magari sacrificando un pizzico di energia che serve a te. Le relazioni non possono essere a senso unico.

6. Pretendo il tuo appoggio nella mia malattia

Di nuovo, no baby. Non pretendi una beneamata cippa da nessuno perché nessuno ha l’obbligo di farsi carico della tua malattia. Solo lo Stato deve (dovrebbe) e se non lo fa, è con le istituzioni che te la devi prendere. Né i tuoi genitori né la tua migliore amica né tuo marito sono obbligati a prestarti assistenza. Lo fanno quando possono, quanto possono e con gli strumenti che hanno, e lo fanno dal profondo del loro cuore. Accettalo e ringrazia.

7. Relazioni sociali e malattie croniche sono inconciliabili

Non è vero. Sei una persona completa, che ha delle malattie croniche ma anche tanto tanto altro di sé. La tua personalità, il tuo carattere, il tuo amore e il tuo disgusto, la passione per certe cose e il desiderio di stare lontano da altre. La volontà di trovare o non trovare un compromesso. Tutto questo può essere legato alla tua malattia cronica, ma non è indissolubile. Se litighi con il tuo fidanzato per una pentola da lavare forse potrebbe essere perché sei troppo stanca e dolorante per lavarla. Ma potrebbe essere anche perché sei una stronza che pretende l’ordine assoluto a patto che a pulire siano gli altri. Una cosa non esclude l’altra.

8. Non c’è niente che io possa fare per vivere meglio

Nella maggior parte dei casi, questo non è vero. Ovviamente non mi riferisco a situazioni in cui un’estrema povertà o una condizione di immobilità fisica o mentale assoluta impedisca alla persona malata di migliorare la propria vita. Ma tutto il resto? Lavoro, amicizie, vita privata, hobby, relazioni personali: nella maggior parte dei casi, se hai una malattia cronica, hai almeno una piccolissima possibilità di scelta in questi campi. Scegli di vivere meglio.

9. Siccome ho una malattia, ho il diritto di odiare tutto e tutti

Sarò ripetitiva: no. Anzi, sì, certo che hai il diritto di odiare tutto e tutti ma questo può farlo anche chi è in perfetta salute. Solo che se detesti tutto della vita, odi la tua città, odi la tua casa, odi la tua famiglia, odi il tuo lavoro, odi le difficoltà quotidiane che incontri e non fai niente per cambiarle… dovrai accettare che agli altri non piaccia averti intorno. Dovrai accettare, se necessario, di vivere da sola. Oppure tornare al punto 8 e scoprire le cose, anche piccolissime, che puoi fare per vivere meglio.

L’unico modo per vivere umanamente relazioni sociali e malattie croniche

Parlo da una posizione di estremo privilegio, quando ti dico che relazioni sociali e malattie croniche possono convivere, me ne rendo conto. Sono una persona fortunata. Ho la possibilità economica di fare psicoterapia. Ho la possibilità lavorativa di sentirmi soddisfatta e realizzata. Ho la disponibilità temporale di dedicarmi alla mindfulness. Ma tutto questo non sarebbe servito, se non avessi preso coscientemente la decisione di stare meglio.

L’ho avuto anch’io, il periodo in cui volevo solo vegetare e sentirmi dire quanto tutti fossero dispiaciuti per me. Non parlare di nulla con nessuno. Non ascoltare nessuno. Non interessarmi a nulla che non fosse la mia sofferenza. E sono stata allontanata da tutti, e avevano ragione. Le amiche sono scomparse pian piano, la mia famiglia aveva paura di parlare con me, il mio fidanzato mi ha fatto capire che così non poteva durare.

La malattia non è una nostra scelta, ma quello che facciamo per affrontarla sì

Così ho fatto una scelta. Mi sono alzata dal letto. Ho prenotato l’appuntamento dalla psicoterapeuta. Ho partecipato alle feste in famiglia fin quando il dolore era troppo da sopportare e in quel momento, col sorriso, ho detto “Grazie della bella serata, mi dispiace interromperla così presto ma ci rivedremo appena possibile”. Ho chiesto alle mie amiche di raccontarmi il loro lavoro, le loro avventure amorose, il loro ultimo viaggio all’estero e le ho ascoltate, senza inondarle di lamentele su quanto io non potessi godermi queste cose. Ho chiesto scusa a chi avevo trattato con superficialità pensando che “non potesse capire”. Ho cercato un lavoro, un corso di studi e degli hobby che mi dessero felicità, anche quando il dolore mi assale. Mi sono imposta di cercare le cose luccicanti della vita ogniqualvolta ne abbia la possibilità.

Insomma ho scelto di essere una persona malata che è comunque una persona. Con le sue fragilità, le sue responsabilità, i suoi pregi e i suoi difetti che non dipendono dalla malattia e, anche se dipendono da quella, possono essere smussati e migliorati. Sei assolutamente sicura di non poter fare nessuna di queste scelte? Fai un inventario, parti da ciò che puoi fare senza troppo sforzo e ti assicuro che la tua vita migliorerà. La malattia no, ma la vità sì. Ed è più importante, non credi?

P.s. In questo articolo mi sono rivolta a te quasi sempre al femminile: perdonami se sei un uomo o ti identifichi come tale. Quella verso il linguaggio inclusivo è una strada complessa, ma sono pronta a percorrerla insieme.

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