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Non è facile scrivere questo post e commentare la morte di Franca Sozzani. Ieri pomeriggio, stavo per uscire a comprare gli ultimi regali di Natale quando su facebook mi è arrivata una notifica. «Ragazzi, ma Franca Sozzani è morta?» era scritto sul gruppo facebook dei “suoi” ragazzi. Una community di appassionati di moda e di giornalismo che lei stessa ha creato, scrivendo ogni giorno il suo Blog del Direttore su Vogue.it. Su quelle pagine virtuali ci invitava alla riflessione, proponeva concorsi e iniziative, incoraggiava il nostro talento. Chiedeva la nostra opinione su un giovane stilista, sulle sfilate della stagione in corso, su iniziative benefiche, su fatti d’attualità, sul rapporto tra moda e social network, pubblicità e forme di comunicazione, talento e fortuna. Ci ascoltava, soprattutto. 

Franca Sozzani, leggendario direttore di Vogue Italia dal 1988 e poi di tutti i periodici Vogue, era molto lontana dallo stereotipo proposto ne Il diavolo veste Prada. Intransigente e perfezionista, sì, soprattutto con sé stessa, era però capace di ispirare, di confrontarsi, di invogliare al dialogo costruttivo e soprattutto di accendere ogni più piccola scintilla creativa. Ogni mattina aprivo la pagina di Vogue Italia, cercavo il suo post sul Blog del Direttore e mi sedevo a scrivere. Solo grazie a lei ho vissuto l’intensa, indescrivibile emozione di leggere la mia firma tra le pagine (cartacee e virtuali) di Vogue Italia, per ben 8 volte tra l’agosto del 2014 e il febbraio del 2016. Franca Sozzani aveva a cuore i “suoi” ragazzi della community di Vogue. Ci invitava a scrivere, sempre, ad alimentare quella scintilla creativa che lei stessa aveva acceso. Laddove leggeva del talento, delle buone idee, un punto di vista diverso sulle cose, coglieva le nostre riflessioni e le nostre opinioni e le pubblicava su Vogue

Franca Sozzani ha rivoluzionato il giornalismo di moda in Italia e nel mondo. Sempre pronta a scatenare indignazione e riflessione, in barba a chi pensa che Vogue sia una lettura superficiale. Sempre pronta a cogliere le novità, a reinventare la rivista più patinata che ci sia. Sempre pronta a scovare e incoraggiare il talento di giovani sognatori, che fosse nella moda, nella fotografia o nella scrittura. Tre recensioni di sfilate su Vogue Italia e L’Uomo Vogue e cinque personaggi della Vogue Encyclo portano la mia firma solo perché lei, tra mille, ha letto le mie parole e ha detto «Sì, questa è una riflessione a cui voglio dare voce». Almeno, voglio credere che sia così. 

Addio Franca, ti devo tanto. Non dimenticherò le tue parole.