
È da più di 10 anni che sono sul web, come persona e come professionista, e circa 10 anni che mi sento dire: devi trovare la tua nicchia. Che fastidio, che prurito, che dolore al cuore per chi, come me, è figlia del caos fin nel midollo. Allora io accolgo il significato di yapping, un termine dello slang americano che ha invaso i social media. E che mi rappresenta: il caos, il disordine, il contrario della nicchia. Che benessere. Ti spiego di cosa sto parlando.
Qual è il significato di yapping?
Il termine nasce dall’inglese to yap: abbaiare. Nello specifico, intorno al 1600 viene usato per definire l’abbaiare incessante, stridulo e pure un po’ nonsense dei cani di piccola taglia. Hai presente, vero? Amante degli animali o meno, sono certa che tu abbia sentito almeno una volta un chiwawa, uno schauzer, uno yorshire, un pomerania che facevano casino sotto il tuo balcone. È un rito di passaggio, soprattutto se hai appena cambiato casa o sei in vacanza dopo mesi di lavoro. Comunque.
Oggi il significato di yapping è stato preso, smontato e rimontato in versione pop sui social media. Come più o meno ogni altro aspetto della vita umana. Secondo lo Urban Dictionary:
Yapping è l’atto di parlare senza cognizione di causa, mescolando argomenti e idee, a un pubblico non sempre interessato.
Chiaro adesso? È quello che facciamo sui social, o meglio la direzione verso la quale stanno andando i social media. Il caos. L’entropia. Il regno in cui le nicchie collassano una sull’altra.
Trovare una nicchia vs. yappare
Il significato di yapping si diffonde su due social in particolare: TikTok e Threads. Il primo è il vero regno dello yapping, il luogo in cui chiunque urla nell’abisso qualsiasi opinione, che abbia senso o meno. Il secondo è stato per un breve periodo il sostituto di X, oggi forse a pari merito con Bluesky. Caratteristiche principali: due algoritmi pazzissimi.
Su TikTok comprendere cosa vada virale e perché è una scienza oscura, che mescola dati ed esoterismo e che prevede tantissima sperimentazione. Yap yap. Abbaiamo cose a caso e vediamo che succede. Threads, che attualmente è il mio social preferito, ha un algoritmo semplicissmo: la roba che scrivi arriverà alle persone che hanno interagito con post simili. Quindi puoi scrivere un giorno di Sanremo (giusto per fare un esempio) e il giorno (o l’ora) dopo di femminismo e arriverai a utenti completamente diversi. Magari con risultati soprendenti.

Yapper professionista dal 1992
Da quando sono nata sono, senza saperlo, una yapper. Parlo (scrivo, più che altro) di tutto e di più. Passo allegramente dall’attualità all’ultima serie tv, dalla recensione di un classico della letteratura all’abito di scena di Achille Lauro alle discriminazioni contro chi vive con la malattia cronica. E mi piace, oh se mi piace. A quel paese la nicchia.
Sbirilla è il luogo dello yapping selvaggio, così come lo sono tutti i miei profili social. Questo significa essenzialmente due cose:
- Scrivo sempre esattamente quello che mi va, a prescindere da trend e algoritmi.
- Il mio personal brand è un gran caos.
Il senso e il significato di yapping in questo pazzo mondo
Ti ricordi quando tutti i corsi sui social media ci consigliavano di curare un’estetica precisa e accomodarci, per così dire, in una nicchia? Scegliere il nostro pubblico, parlare solo alle persone in target, tagliare fuori tutto il resto. Era pochi anni fa e sembra che sia passato un secolo. Un po’ perché le piattaforme di social media sono sempre più lo specchio di un’oligarchia che non ci rappresenta. E un po’ perché, secondo me, sentiamo il bisogno di tornare all’autenticità. Per chi è cronicamente online, per bisogno o per piacere, questo non è niente di nuovo.
Vogliamo parlare con persone che ci sembrino vere, che abbiano delle vite incasinate e invischiate come la nostra. Autentiche. Perché davvero, nessuna vita è a compartimenti stagni. Nessuno vive di solo cinema, o di sole letture impegnate o di sola rabbia sociale. Siamo animali complessi che contengono moltitudini. Oggi sui social abbiamo voglia di raccontare quelle moltitudini. Di yappare, a volte a sproposito, anche a un pubblico poco interessato. Di scrivere e pubblicare quello che ci va, anche se è un argomento così poco popolare che lo leggeranno in due. Dire la nostra in maniera spontanea. Che bella, questa confusione di corpi, di parole e di idee che non è governata dai numeri ma solo dall’ispirazione del giorno. Penso che resterò qui per un po’.
