Ci sono serie tv da vedere assolutamente, qualunque sia la vostra preferenza in fatto di generi e temi trattati. Per me, Atypical è una di queste. Ammetto di averla iniziata adesso, con l’uscita della seconda stagione a inizio settembre, perché lo scorso anno era proprio passata oltre il mio radar da serie tv addicted. Si tratta della storia di un ragazzo autistico, ma non solo. Una commedia familiare davvero originale.
La trama di Atypical
La serie originale Netflix è incentrata su Sam, ragazzo affetto da autismo ad alto funzionamento, ed è stata criticata ed elogiata per quello che ha fatto per i ragazzi autistici. Il pregio della serie, secondo me, sta nell’affrontare l’argomento non come il fulcro principale delle storie e degli intrecci, ma come soltanto una delle mille caratteristiche che costituiscono una famiglia americana, in fondo, normale. Certo, il comportamento e il carattere dei quattro membri della famiglia e dei loro amici è influenzato dall’autismo di Sam e dalle sfide che questa patologia comporta. Ma in fondo quelle dei Gardner sono avventure normali, che qualsiasi commedia familiare ci ha portati a conoscere bene e a interpretare. Le stesse dinamiche applicarsi alle nostre reali, normalissime e incasinatissime vite domestiche.
Sam, l’autismo e la commedia familiare
Sam è un diciottenne il cui autismo ad alto funzionamento gli pone sfide da affrontare ogni giorno. Ma è anche un adolescente come tanti, attratto dalle ragazze e desideroso di relazioni sentimentali autentiche. Infastidito dall’interferenza dei genitori e desideroso di occuparsi di sua sorella minore, con cui litiga, scherza, si confida come ogni ragazzo della sua età. La madre Elsa vive la tragedia di ogni madre quando i pargoli arrivano alle soglie dell’adolescenza. Lasciarli andare, accettare di essere più una presenza indispensabile nelle loro vite. Il padre affronta male, ma facendo del suo meglio, il rapporto con un figlio che avverte lontanissimo e una figlia con cui condivide tutto, ma ama entrambi allo stesso modo. Infine Casey, la sorella minore di Sam, è forse il personaggio più interessante della serie tv Netflix. L’unica che tratti il ragazzo autistico come qualsiasi sorella tratterebbe suo fratello. Nonostante ciò, la responsabilità di occuparsi di Sam pesa su di lei come sui genitori, mentre anche per lei iniziano i primi approcci con il sesso, l’amicizia, le problematiche scolastiche che ogni adolescente affronta negli anni del liceo.
Un modo nuovo per guardare all’autismo
Atypical prende tutti questi elementi e li applica alla situazione di un ragazzo con autismo ad alta funzionalità. Utilizza le piccole ossessioni e manie, le difficoltà relazionali e il desiderio di rapporti autentici di Sam come lente d’ingrandimento della commedia familiare. Le avventure della famiglia Gardner, della terapista Julia, dell’amico Zahid e della fidanzata Paige non virano mai sul retorico, in questo dramma/commedia che racconta l’autismo con leggerezza ma senza superficialità.
Non potrei mai capire le difficoltà e la vita reale di un ragazzo autistico né della sua famiglia, ma questa serie tv è da vedere. Perché aiuta a comprendere l’autismo non solo sotto la forma di una patologia complessa, che pone nuove sfide quotidiane a chi ne soffre e a chi lo vive attraverso l’esperienza dei propri cari. Ma come la caratteristica di un ragazzo normale. Quella di Sam è una lente diversa attraverso cui guardare il mondo, ma quello che vede sono le stesse cose che vediamo tutti. La famiglia e l’amore, la scuola e l’amicizia, i desideri per il futuro e il senso di spaesamento dell’adolescenza.
Spero che qualcuno di voi, che magari conosce bene la patologia, voglia scrivermi cosa ne pensa e se ha trovato questa serie tv Netflix, scritta da Robia Rashid (già scrittrice e produttrice di How I Met Your Mother e I Goldbergs) in qualche modo offensiva o sensibile nei confronti di chi soffre di autismo.