Si può recuperare la propria salute mentale dopo un periodo di crisi? Assolutamente sì. Non è mai troppo tardi per capire di avere un problema e decidere di affrontarlo. Un libro difficilmente basta, ma può dare la spinta per cercare l’aiuto necessario. Certe volte il destino ci mette lo zampino, altre volte sono io a scegliere con cura di quali cose circondarmi. Dopo aver dato le dimissioni e quindi in piena crisi, mi sono capitati sottomano diversi contenuti che possono guidare nel recuperare la propria salute mentale.
- Ho letto “Donne che amano troppo” di Robin Norwood
- Ho preparato l’esame di Psicodinamica
- Ho letto “La verità è che non ti piaci abbastanza” di Rachel Hollis
Come capire se si ha un problema di salute mentale
Tema ampiamente discusso ad oggi più o meno da tutti, a partire da Fedez e a finire da zia Concetta, la salute mentale sta a cuore sempre a più persone. Ci siamo resi conto, forse complice il trauma collettivo della pandemia, che è importante tanto quanto quella fisica. Ma spesso non siamo capaci di accettare l’aiuto di cui abbiamo bisogno.
Prima di qualunque cosa, quindi, la cosa che dovremmo fare è guardarci dentro a fondo, ma anche guardarci intorno. Tutti i nostri amici e familiari ci evitano? Non siamo capaci di fare una conversazione senza riportarla sulle nostre attuali disgrazie? Siamo sempre stanchi, incapaci di fare qualsiasi cosa, ci manca la motivazione anche per quelle attività che un tempo ci rendevano felici? Forse abbiamo un problema.
Recuperare la propria salute mentale quando si è ancora in tempo
Se ci accorgiamo subito della nostra sofferenza, e soprattutto se abbiamo già una certa auto-consapevolezza (che arriva dalla terapia e non dai video di YouTube!) possiamo intervenire subito. Cambiare abitudini, riconoscere i pensieri intrusivi, recuperare attività e momenti tutti nostri che ci permettono di rilassarci.
Per qualcuno basta mezz’ora di meditazione al giorno, altri recuperano energia e voglia di vivere anche solo addobbando casa per le feste o trascorrendo un pomeriggio con le persone amate. Benissimo. Ma se l’episodio che ci ha portati alla crisi si ripete, o se il periodo si prolunga, è necessario pensare a un intervento più incisivo. Cambiare lavoro, chiudere una relazione che non funziona più o… iniziare ad andare in terapia.
L’importanza di un professionista per recuperare la propria salute mentale
Sappiamo bene che, se avessimo un braccio rotto, andremmo dall’ortopedico a chiedergli una diagnosi e una terapia per tornare a muoverci liberamente e senza dolore. Allora perché è così difficile fare lo stesso pensiero sui professionisti della salute mentale? Sono loro, e solo loro, a conoscere i modi migliori per tirarci fuori da un trauma, per guarire dalla depressione o dall’ansia o semplicemente per stare meglio. Intendiamoci: amici e parenti fanno quello che possono (se lo fanno con gioia e se non diventiamo un peso per loro), ma il percorso di guarigione profonda avviene con la terapia.
So bene che stanno per arrivare le prime doglianze: la terapia non è accessibile a tutti. Vero, ma altrettanto vero che ci sono delle buone alternative per cominciare. Molti psicologi offrono un primo incontro gratuito, per capire se c’è una direzione precisa in cui andare per sbrogliare la matassa. Anche il problema della lontananza non sussiste: si moltiplicano in Italia i servizi di assistenza psicologica virtuale. Se poi intraprendere un percorso completo fosse troppo dispendioso, possiamo informarci nei consultori delle nostre città. Infine, i gruppi di auto-mutuo aiuto possono veramente cambiare la vita di chi sta soffrendo a livello psicologico ed emotivo. Anche questi sono disponibili online post-Covid e anche questi sono tenuti da professionisti che, pur lasciando esprimere i partecipanti, guidano verso la guarigione.
La filosofia “al femminile” di Robin Norwood
Ma cosa c’entra tutto questo con i contenuti che ho incontrato nell’ultima settimana? Beh, casualmente tutti parlavano di recuperare la propria salute mentale, anche attraverso gruppi di auto-mutuo aiuto. Parte della materia universitaria che ho preparato era incentrata sulla terapia in gruppo; Rachel Hollis spiega in maniera estremamente chiara e comprensibile come ha superato alcune ansie e paure grazie alla sua community online.
A prendere il premio di vera ispiratrice di questi giorni però è Robin Norwood. Questa psicoterapeuta americana è famosa in tutto il mondo per aver pubblicato nel 1985 “Donne che amano troppo“, un saggio in cui accosta le relazioni tossiche a qualsiasi altra dipendenza da alcool o da droghe. Anche gli uomini sbagliati, per questa psicoterapeuta innovatrice, creano dipendenza. E se a quasi quarant’anni dall’uscita il libro appare un po’ datato, troppo rigido nelle sue declinazioni di genere e rappresentazioni familiari, rimane un punto fermo per recuperare la propria salute mentale in un periodo di estrema crisi, che sia dovuta a una relazione tossica oppure no.
10 passi per recuperare la salute mentale secondo Norwood (reinterpretati per il presente)
Ho preso i 10 passi per la guarigione di Robin Norwood e li ho leggermente modificati per adattarsi alla vita, alle relazioni e ai mezzi di comunicazione di oggi. Ricordiamo sempre che questi passi vanno seguiti con l’aiuto di personale specializzato nella salute mentale. Allora, ci siamo?
1. Andare a cercare aiuto.
Questo un po’ ce lo aspettavamo, dai. Il primo passo per superare uno stallo è ammettere di esserci finiti dentro. Sono in crisi, non so più che fare è la frase che possiamo e dobbiamo pronunciare prima di qualsiasi altra cosa. E attenzione: possiamo dirlo a nostra madre, a nostro marito o alla nostra migliore amica, ma sarebbe più utile dirlo a un o una professionista.
2. Considerare la guarigione una priorità
Nel caso di molte delle pazienti di Norwood, questo vuol dire non accettare per nessun motivo di saltare un incontro degli Alcolisti Anonimi o di altri gruppi dedicati alle vittime di dipendenza, di violenza o di incesto. Nel nostro, può essere anche solo impegnarci a fare meditazione almeno tre volte a settimana, senza se e senza ma.
3. Trovare un gruppi di nostre pari
E qui casca l’asino, vero? Perché quando siamo proprio a pezzi vorremmo fare qualsiasi cosa tranne andare in giro a dirlo. Invece è necessario. Per recuperare la propria salute mentale è utile capire che non siamo le sole ad affrontare un determinato problema. Aiuta anche a mettere tutto in prospettiva, eh. Ricordiamo i consigli di prima: il gruppo può essere su Facebook, su Zoom o in parrocchia. Vale tutto.
4. Sviluppare il proprio lato spirituale
Quanto è facile, quando vediamo tutto nero, lasciarci andare al nichilismo? Nulla importa, nulla esiste, nulla ha senso. Così però non facciamo che scavare la fossa e impedire la nostra stessa guarigione. Non importa se seguiamo una religione, se siamo fan delle affermazioni positive o se troviamo ristoro nei cristalli: lasciare il controllo a un potere superiore, qualunque sia, è liberatorio.
5. Smettere di dirigere e controllare gli altri
Ognuno di noi deve focalizzarsi su sé stesso e la propria guarigione, soprattutto se è in fase di crisi acuta. Quindi basta pensare a cosa dovrebbero, potrebbero, farebbero gli altri e cominciamo a pensare in prima persona. Il mondo intorno a noi può essere la causa della nostra crisi, sì, ma non possiamo cambiarlo. Concentriamoci su di noi.
6. Non lasciarsi invischiare nei giochi di relazione
Qui torniamo alla mia materia, Psicodinamica dei Gruppi. Secondo la Teoria Transazionale, tendiamo a usare i “giochi” ovvero a ripetere situazioni a noi congeniali. Ci poniamo in una di queste 3 posizioni: la vittima (v), il persecutore (p), il salvatore (s). E poi ci scambiamo di posto in continuazione per fare andare avanti il gioco senza dover affrontare realmente i nostri problemi. Facciamo un esempio per capirci meglio. Una coppia ha questo dialogo:
- Sto chiusa in casa da tutta la settimana… (v)
- Chi te lo ha chiesto? Potevi uscire in qualsiasi momento! (p)
- Ah sì? Se fossi uscita a cena con le mie amiche, non avrei potuto pulire casa e vivremmo in un porcile! (s)
- Hai ragione tesoro, è solo che io sono sempre tanto stanco quando torno dal lavoro… (v)
- Sei stanco perché non fai esercizio e stai sempre sul divano! (p)
- Ma certo che sto sul divano, quei pochi minuti in cui posso riposarmi. Io lavoro notte e giorno per la nostra famiglia! (v)
- Guarda che io lo dico per te, perché ti amo… se non fai esercizio, starai male. (s)
Potrei continuare all’infinito, ma ci siamo capiti. Per guarire bisogna chiudere con i giochi, ed è difficilissimo. Per esempio la persona del dialogo precedente potrebbe iniziare la conversazione prendendosi le proprie responsabilità e dicendo “Sono stata chiusa in casa tutta la settimana: stasera esco“. Difficile, ve l’avevo detto.
7. Affrontare coraggiosamente i propri problemi
Questo va da sé. È impossibile recuperare la propria salute mentale se non ci si impegna a fondo e con ogni risorsa disponibile. Senza sconti. Vuol dire raccontare al terapeuta tutto ma proprio tutto, tenere un diario di quello che non va e studiarlo e soprattutto riconoscere il nostro ruolo attivo nel peggiorare le cose. Non si guarisce senza aver analizzato a fondo la diagnosi, giusto?
8. Coltivare i propri bisogni
Attenzione: i propri bisogni, che non coincidono necessariamente con quelli dei propri cari. Questo vuol dire che la signora di cui sopra non dovrà rimproverare il compagno/marito/partner che non la porta fuori a cena. La signora sente il bisogno di uscire di casa, la signora deve uscire di casa, con o senza compagnia. Niente sconti, abbiamo detto.
9. Diventare “egoiste”
Questo libro si riferisce a donne che hanno il bisogno di controllare il partner e i suoi problemi (tossicodipendenza, alcolismo o qualsiasi altra cosa) per non affrontare sé stesse, ma vale per tutte e per tutti. A qualsiasi cosa abbiamo dato la priorità finora, che sia il partner, il lavoro, lo studio, la famiglia, dobbiamo concentrare le nostre energie sulla guarigione. Vedere al punto 2.
10. Raccontare ad altre donne come recuperare la propria salute mentale
È quello che sto provando a fare oggi, nel mio piccolo. Non me ne vogliano i lettori uomini, ma io e Norwood abbiamo un pubblico prevalentemente femminile. Ciò non toglie che questi consigli vadano bene per tutti e che quest’ultima raccomandazione sia preziosa. Aiutare gli altri, ognuno a proprio modo, arricchisce e guarisce. Per me è importante e funzionale farlo scrivendo, per altri e altre può essere supportare i gruppi di auto-mutuo aiuto, partecipare a manifestazioni in piazza, fare volontariato o condividere questo decalogo. Ogni piccolo aiuto conta.
Sono libera e piena di luce.
[R. Norwood – Donne che amano troppo]