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Fatta di riferimenti pop e meme virali, quella delle serie tv è un’arte che negli ultimi anni si è affinata sempre di più fino a diventare veicolo di messaggi potenti. Dalle commedie ai teen drama, dalle serie tv animate a quelle a sfondo nonsense, la televisione degli ultimi anni si è fatta portavoce di analisi di pensiero e filosofia nelle serie tv. Chi siamo, dove andiamo, c’è vita oltre la morte? Questi e altri quesiti filosofici sono al centro di alcune tra le più seguite (e riuscite) serie tv degli ultimi anni.

5 serie tv che raccontano la filosofia in chiave pop

1. Sex Education, desideri e impulsi da Freud a Netflix

Sicuramente la serie tv 2019 più seguita in questi primi mesi dell’anno, Sex Education trasforma il genere teen drama per sempre. Gli ingredienti di base sono i soliti: un liceo, un ragazzino un po’ schivo, una bad girl affezionata al suo giubbino di pelle. Il bulletto della scuola, la ragazza svampita, il golden boy che nasconde più insicurezze di quanto sembri e il gay dichiarato ma non troppo completano il quadro. Ma c’è un elemento che è mancato nelle serie tv da ragazzi della nostra generazione: la filosofia. Il protagonista Otis vive con la mamma, sessuologa e terapeuta molto aperta, e questa è la molla che fa scattare la trama. Il centro narrativo è sicuramente Otis, la sua inibizione sessuale per rigetto dell’apertura materna in merito a certi temi, ma attorno a lui ruotano storie che di filosofia e di psicologia sono pregne. Questo è il punto di forza di Sex Education: un cast di personaggi interessanti e profondi, in cui anche la storia più marginale diventa pretesto per indagare a fondo la psicologia adolescenziale, il desiderio sessuale che non è mero impulso biologico ma motore di pensieri, azioni e sviluppo della personalità individuale dei ragazzi tanto quanto degli adulti. Altra nota di merito è certamente il vero e proprio cast di Sex Education. Accanto a Gillian Anderson e Asa Butterfield ruotano attori sconosciuti ma talentuosi, che rendono credibili e avvincenti queste storie in un paesino britannico che sembra sospeso nel tempo.

2. Il nichilismo di Bojack Horseman

Altra perla dell’universo originale Netflix, Bojack Horseman è senza dubbio la migliore serie animata degli ultimi anni. Una serie tv scritta e pensata per gli adulti, ovviamente, ma che in qualche modo riesce a turbare anche noi. La premessa vira nell’assurdo, ma le vicende sono più che realistiche. La vita dell’uomo-cavallo, star di una serie tv anni ’90, sprofonda nell’alcolismo in una ricerca spasmodica di un senso oltre l’effimera fama televisiva.

La straordinarietà di Bojack Horseman (grazie alla quale ha vinto numerosi premi e un punteggio di 92 su Rotten Tomatoes per la stagione 5) è il suo sovvertire completamente la struttura delle serie tv classiche, e in particolare di quelle animate. Se i decenni di Simpson e Griffin ci hanno abituati a una narrazione lineare, in cui l’episodio ha un inizio, uno svolgimento e una fine, Bojack e il suo assurdo serraglio di amici, nemici, amanti e parenti disfunzionali sono in viaggio verso un abisso dal quale non si risale. Temi forti come appunto l’alcolismo, le dipendenze, ma anche l’infertilità e gli abusi sessuali si avvolgono a spirale attorno a questi personaggi così disperatamente privi di direzione da ricordarci da vicino noi stessi.

3. The Good Place: la morale e l’aldilà

Parlando di serie tv e filosofia, è impossibile non nominare The Good Place. Questa geniale serie comedy ha trasformato il mondo delle sit-com grazie a una premessa intelligente e un intreccio carico di colpi di scena e lezioni da imparare, episodio dopo episodio. Giunta ormai alla terza stagione, la serie racconta di Eleanor Shellstrop che, dopo la morte, si trova catapultata per sbaglio in paradiso (The Good Place, appunto). Insieme all’amica-nemica Tahani e al sempliciotto Jason, imparerà a proprie spese cos’è la morale e quanto sia labile in concetto di giusto e sbagliato, peccato e virtù. A guidarli in questo viaggio, insieme ad esseri sovrannaturali come Michael, Janet, Trevor, è l’insegnante di etica Chidi. Grazie a lui e alle peripezie del gruppo, che vaga tra l’inferno e il paradiso alla ricerca di un senso della vita sulla terra, conosciamo la filosofia in pillole pop. Le ambientazioni coloratissime e artificiali, i personaggi brillanti e gli intrecci coinvolgenti sono uno scenario nuovo in cui inserire lezioni sulla moralità e sulla filosofia, e trasformano Nietzche e Kierkegaard in qualcosa di più di due nomi tedeschi sui nostri libri del liceo.

4. Il loop temporale da Nietzche a Escher a Russian Doll

Ancora una serie tv originale Netflix, ancora una delle più interessanti novità del 2019: Russian Doll è un gioiello nella sceneggiatura e non solo. La protagonista della serie, Nadia, è una cinica designer di videogiochi che sta festeggiando il suo 36° compleanno a casa delle amiche. La scena si apre su Nadia nel bagno di Maxine, intenta a guardarsi allo specchio, e proprio quello specchio, insieme all’ossessivo “Sweet birthday baby!” di Maxine diventeranno il suo tormento. La notte del suo compleanno Nadia muore ed è costretta a rivivere la scena da capo, ritornando alla festa, al bagno, al “Sweet birthday baby!” di Maxine. Ogni volta muore in un modo diverso, tragico o assurdo, fino a cadere nel dark. Lungo il percorso incontra un ragazzo al quale sta accadendo la stessa identica cosa: Alan, un ipersensibile maniaco dell’ordine che non potrebbe essere più diverso da lei. Mentre cercano di uscire dall’infernale loop, Nadia e Alan dovranno fare i conti con il loro passato, con il proprio io e imparare a conoscere sé stessi e l’altro in maniera profonda, espiando i peccati che li hanno alienati per tanti anni dalla vita che scorreva intorno a loro.

Deliziosamente incorniciata da scenografie raffinate e da una colonna sonora perfetta, Russian Doll è una serie tv da vedere tutta d’un fiato, e poi rivedere ancora, per sprofondare in quel loop di cui parlò Nietzche (L’eterna clessidra dell’esistenza viene sempre di nuovo capovolta e tu con essa, granello della polvere!”) e che ispirò i disturbanti dipinti di Escher. 




5. Unbreakable Kimmy Schmidt: resilienza in salsa pop

Una delle prime serie tv a chiudersi all’inizio di questo 2019, Unbreakable Kimmy Schmidt ha dato un nuovo significato alla parola resilienza. Sì, proprio quella che amiamo condividere sui social e tatuarci sul polso: resilienzaIn psicologia, la capacità di un individuo di affrontare e superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà. E la protagonista della serie, Kimmy Schmidt, è il personaggio perfetto per incarnare questo concetto. Rinchiusa in un bunker per 15 anni dal Reverendo Richard Wayne Gary Wayne, una volta salvata Kimmy decide di non tornare nel suo paesino dell’Indiana ma iniziare una nuova vita a New York. Qui incontra il già iconico Titus, Lilian, Jaquelin, e impara che da un trauma si può uscire più forti, ma solo se lo si affronta. Dietro situazioni paradossali e nonsense, personaggi macchietta e riferimenti alla pop culture, Kimmy Schmidt è una divertente lezione di filosofia: sei quello che sei, sei anche il risultato dei traumi che hai vissuto e questi possono essere una pesante zavorra o il trampolino per vivere una vita nuova.