TW: violenza di genere, abuso, femminicidio
Il 25 novembre è la Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Violenza contro le Donne, o per meglio dire della Violenza di Genere. Non possiamo non saperlo o non accorgerci di questo momento, perché ogni anno vediamo fiorire panchine rosse nei nostri parchi e campagne di sensibilizzazione sui media. Ogni anno, però, notiamo un vuoto che sembra incolmabile. A parlare, diffondere, denunciare, sensibilizzare, sono solo le donne o quasi. Dove sono gli uomini? Cosa stanno facendo? In quale universo vivono? Proviamo a capirlo insieme.
Non tutti gli uomini (ignorano il 25 novembre)
E questa è una specie di rassicurazione. Ci sono uomini in ogni ambito della società che si spendono per l’eliminazione della violenza di genere e per la sensibilizzazione degli altri uomini, e sono forse i nostri alleati più preziosi. Perché se speriamo che quel tipo di uomini si metta ad ascoltare, leggere o prendere sul serio le donne e le persone socializzate come tali, come dire… campa cavallo!
Quest’anno gli uomini si sono intravisti in tv e nella campagna (a mio avviso potente) “Se io non voglio, tu non puoi” di Una, Nessuna, Centomila. Puoi guardare il video a questo link. Personaggi famosi che hanno fatto la loro parte. Non sempre in modo efficace o utile come in questo caso, ma l’hanno fatta. E non sono soli. Sui social ci sono insegnanti, intellettuali, autori, filosofi, scrittori che hanno parlato della violenza di genere il 25 novembre e non solo. Persone che sono davvero alleate, a cui importa comprendere il loro posto nella cultura dello stupro e non limitarsi a urlare “Non tutti gli uomini sono così“.
Probabilmente se stai leggendo questo post lo sai già: non tutti gli uomini sono violenti, prevaricatori, stupratori, molestatori. Ci mancherebbe altro. Ma questo non vuol dire che chi non lo è sia autorizzato a chiamarsi fuori dal problema. Non solo perché probabilmente ha una sorella, una figlia, una mamma, una moglie, una compagna da difendere. Perché in questa cultura permeata di schifezze, di maschilismo e di discriminazioni ci sguazziamo tutti. E fa del male a tutti, anche gli uomini.
Quanto male fa la cultura discriminatoria agli uomini?
“Appartenere a un gruppo privilegiato non significa per forza essere vincitori”
[Cit. Yari Carbonetti]
L’analisi di Carbonetti è approfondita e curata, e non è l’unico caso di studio dell’impatto del patriarcato sugli uomini. Se ti interessa il tema, se ne occupa anche Francesca Cavallo nella newsletter Maschi del Futuro e Liz Plank nel libro “For the love of men”. Io non sono un’esperta, ma qualche dato posso snocciolarlo. Gli uomini hanno un’aspettativa di vita di 2-8 anni inferiore rispetto alle donne e sono più a rischio di problemi di salute gravi. Nonostante venga loro diagnosticata la depressione più raramente, si tolgono la vita circa quattro volte più spesso delle donne.
Questi sono dati spaventosi. Che a leggerli viene voglia di dire ma perché non vi ribellate, perché non andate dal medico quando avete qualcosa che non va, invece di nascondere i vostri sintomi e “fare gli uomini”? Perché non raccontate il vostro burnout sul lavoro, convinti di dover essere necessariamente voi a occuparvi della famiglia? Perché non smettete di supportare un sistema che letteralmente vi uccide? La risposta è feroce quanto la domanda. Perché alla maggior parte di voi conviene mantenere lo status quo. Non litigare con l’amico che ha fatto una battuta spiacevole, non condividere un post di sensibilizzazione e rischiare di essere preso per effemminato.
Dov’erano molti uomini il 25 novembre
Se è vero che non tutti gli uomini erano in giro a malmenare la gente (e graziearca’, mi vien da dire), se hai fatto un giro sui social lunedì ne avrai trovati parecchi. Ecco dov’erano. Sotto i post dei giornali e delle singole donne che raccontavano la propria esperienza. A insultare le donne che, coraggiosamente, nonostante rischiano ogni giorno di essere adescate, molestate, violentate e uccise, erano per strada a manifestare. Alcuni erano pure sotto i miei post, a commentare con veleno. Più di ogni altra cosa, anche oggi che sono passati appena due giorni dalle campagne e dalle manifestazioni, mi hanno detto che sono esagerata, la prendo sul personale forse.
Lo hanno scritto sotto un post in cui raccontavo di aver scoperto un sito web in cui si condividono foto di donne, conoscenti o sconosciute, per perpetrare una sorta di “stupro digitale di gruppo”. Non so se sia il termine esatto, ma non me ne viene in mente uno migliore. Spero tu non sappia di cosa sto parlando, ma per maggior chiarezza te lo spiego. Oltre al sito in cui sono incappata per caso stamani, ci sono 190 gruppi/canali di Telegram dedicati allo scambio di materiale non consensuale con, in Italia, 8.934.900 utenti non unici registrati. Il dato (suggerito dall’utente @mattia_chiuchiolo, che ringrazio) viene da Il Sole 24 Ore e “non unici” significa che alcuni di questi utenti possono ripetersi, perché fanno parte di più gruppi.
E cosa fanno in questi gruppi? Diffondono fotografie di qualsiasi tipo, non necessariamente intime, di donne, ragazze, ragazzine e bambine. In alcuni casi sono persone che vivono con loro (figlie, madri, sorelle, mogli). In altri, perfette sconosciute fotografate a loro insaputa al mare, al bar, all’università. O prese da profili Facebook e Instagram non privati. Sono foto normali eh, in alcune si vede qualche scollatura o mezza coscia, altre sono semplicemente selfie o foto con vestiti “non provocanti”, se così vogliamo chiamarli.
Stai esagerando: la piramide della cultura dello stup*o
Questi uomini (sono circa 4 milioni solo in Italia, sempre secondo i dati di cui sopra) in molti casi hanno famiglie, carriere, vite normali. E sono assolutamente certa che, se glielo chiedessi, ti direbbero di non aver mai molestato una donna in vita loro. Eppure stanno su 190 gruppi telegram (più chissà quanti altri non ancora identificati) a scambiare foto di donne conosciute o sconosciute. Non lo fanno per dirsi a vicenda “Guarda che bella mia figlia“, sia chiaro. Lo fanno invitando altri uomini, sconosciuti e spesso anche loro perfettamente integrati in società, a masturbarsi guardando il volto dell’amica, della moglie, dell’ex fidanzata, della collega. Della figlia, appunto, in alcuni casi.
Oggi uno di questi geni mi ha scritto “Non diffonderei mai contenuti senza consenso […]ma guardo volentieri un corpo nudo femminile, anche sconosciuto“. Ha tralasciato la parte in cui spiegavo che quel corpo (nudo o meno) appartiene a una PERSONA CHE NON HA DATO IL SUO CONSENSO. Gli è sfuggito. Se mi capita sott’occhio un corpo femminile che faccio, lo guardo, no? Quanti passi pensi che ci siano tra questo ragionamento e quello degli uomini che per 10 anni, su invito del marito, hanno stuprato Gisèle Pelicot? Se mi capita sott’occhio un corpo femminile inerte che faccio, lo penetro, no?
Ti ricorda qualcos’altro? Forse la vicenda del Foro Italico. Se ci penso mi viene lo schifo perché eravamo cento cani sopra una gatta, una cosa così l’avevo vista solo nei porno, eravamo troppi e sinceramente mi sono schifato un poco, però che devo fare la carne è carne. La carne è carne. La carne di questi uomini non è debole, è abituata a soddisfare qualsiasi pulsione con sfregio della persona che ha di fronte. Sa che non ci saranno ripercussioni. Sa che passato il 25 novembre nessuno se ne occuperà più se non quattro galline che esagerano, la prendono troppo sul personale, che c’entrano le immagini con lo stupro?