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Come si fa ad assistere alle sfilate di moda a Milano e nelle altre città del mondo del fashion? Beh, è un gran casino, sarò sincera. Il Covid e la pandemia hanno portato a un radicale cambiamento di ogni attività, comprese quelle delle fashion week che si svolgono attualmente in digitale. E ci sono alcuni cambiamenti che onestamente non mi dispiacciono.

3 cose che non sapete delle sfilate di moda

Come si fa ad assistere alle sfilate di moda? è stata una delle prime domande che mi sono sentita fare quando ho cominciato a lavorare nel mondo della comunicazione.

Con il mio master in Comunicazione e Giornalismo di Moda, sembrava chiaro a tutti che avrei lavorato per sempre nel mondo paillettato delle sfilate. Che la mia vita sarebbe diventata quella de Il Diavolo Veste Prada. Per fortuna non è andata così, ma devo ammettere di aver corso il rischio.

1. Assistere alle sfilate di moda è una sfilata di moda in sé e per sé

Che disastro, ragazzi. Le mie prime fashion week sono state una maratona di incontri, cocktail e sfilate. Il che sembra una meraviglia, ma non lo è. La settimana della moda di Milano è sempre stata estremamente disorganizzata, dominano i ritardi (anche di un’ora!), il programma è distribuito su tutto il territorio cittadino.

Ma la cosa peggiore, senza dubbio, è la pressione che ti viene addossata quando vai ad assistere alle sfilate. Devi essere, semplicemente, parte dello spettacolo. Non un capello fuori posto, non un paio di scarpe poco fashion, non un giubbottone anche se fuori fa un freddo cane. Soprattutto, no collant. Perché poi, non ne ho idea. Ma di certo non è il posto adatto a una persona malata cronica, ecco.

2. Non mostrare mai la stanchezza

Anche se sei sveglia dalle 6 e hai già girato mezza Milano, anche se sei un fotografo con una pesantissima attrezzatura sulla schiena, anche se corri da una metro all’altra con 25 buste di cartelle stampa, regali per gli ospiti e biglietti da visita. Non puoi essere stanca.

Eh che, vuoi mostrare al fotografo di streetstyle di turno che non ne puoi più? Vuoi dare allo stilista l’impressione che sì, adori la sua collezione, ma preferiresti guardarla da seduta? Non si fa. Mai.

3. Non incrociare lo sguardo con i giornalisti importanti

E non far loro notare se hanno un atteggiamento scorretto o maleducato, eh. I giornalisti di moda sono un mondo a parte. Quelli seri, dico, quelli importanti che solo a sentire i loro nomi ti compare l’ultima copertina di Vogue in stile apparizione della Madonna con tanto di coro angelico. Quelli.

I giornalisti di moda importanti, quelli che hanno un nome altisonante, non vanno mai contraddetti. Se eviti di guardarli negli occhi, tu che sei una schifosa stagista d’ufficio stampa o una blogger alle prime armi o una redattrice dal cognome buffo, è anche meglio. Non osare rimproverarli, neanche se ti rubano il posto in front row pur avendone uno ben più centrale e importante (true story). Loro sono i re, tu la plebaglia. Non importa con quanta fatica e con quanto impegno tu abbia preso il treno stamattina per essere qui, loro sono più qui di te.

Cosa potrebbe cambiare con il Covid e le sfilate digitali

Già dall’inizio della pandemia, tutti abbiamo capito che il nostro lavoro sarebbe cambiato. Escludendo i lavoratori essenziali (sempre siano lodati), tutti noialtri dobbiamo adattarci a un mondo nuovo. E meno male, per quanto riguarda il fashion system.

Chissà, forse la possibilità di accreditarsi e assistere alle sfilate di moda da casa renderà più democratico questo lavoro. Ci permetterà di ricordare che il nostro lavoro in quanto giornalisti, redattori, creatori di contenuti è raccontare storie.

E una collezione di moda è una storia, di cui nessuno di noi fa parte. Solo lo stilista, gli abiti, la collezione stessa. Loro sono i protagonisti, noi gli spettatori. Non siamo parte dello spettacolo, non siamo modelli, non siamo decorazioni che accentuano il valore estetico di un evento che dovrebbe avere valore di per sé.

O forse no. Forse finirà la pandemia e torneremo ad assistere alle sfilate di moda dal vivo e nulla sarà cambiato. Tutti accalcati all’entrata degli sfigati, invariabilmente sfatti e impietosamente giudicati per essere sfatti. Mentre la caporedattrice di una rivista che nessuno compra più arriverà sul suo tacco 12, in taxi, all’entrata principale. E con almeno mezz’ora di ritardo, ça va sans dire.