
Ieri è andato in onda lo spettacolo “Il Sogno” di Roberto Benigni. Un momento davvero toccante, come non se ne vedevano da tempo in prima serata sulla tv nazionale. L’attore, scrittore, regista, sceneggiatore e tuttecose ha raccontato chi ha redatto il manifesto di Ventotene, storico documento antifascista che diede l’avvio al progetto dell’Unione Europea. Scritto nel 1941 da un gruppo di dissidenti in esilio – appunto – a Ventotene e diffuso nel 1944. Il fondamento della nostra idea di Europa.
Chi ha redatto il manifesto di Ventotene?
Secondo la storia, Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni. Dissidenti per motivi diversi (un comunista, un “democratico ribelle”, un socialista) si trovano sull’isola di Ventotene insieme a circa 200 altri nemici politici del partito fascista. La storia della loro illuminazione e dell’idea rivoluzionaria che avrebbe portato alla fondazione dell’Unione Europea è stata raccontata da Benigni molto meglio di quanto potrei farlo io. Quindi ti consiglio di recuperare lo spettacolo “Il Sogno“, se non lo hai visto, su RaiPlay.
Non sto scrivendo di questo. Voglio scrivere di due donne che erano presenti sull’isola e che hanno dato un apporto prezioso al manifesto e alla sua diffusione: Ursula Hirschmann (la moglie di Eugenio Colorni) e Ada Rossi (moglie di Ernesto Rossi). A sentire la storia ufficiale, quella che ieri Benigni ha magistralmente raccontato, le due donne andavano e venivano dall’isola dell’esilio. Andavano a trovare i mariti, fedeli fino alla fine anche se non erano state esiliate insieme a loro. E dopo la redazione del manifesto di Ventotene, autrici del suo trasferimento in terra ferma (dentro un pollo arrosto, a quanto pare) e della sua diffusione tra gli intellettuali italiani ed europei. Un esempio di virtù sponsale che forse potrebbe rimanere soltanto questo. Ma forse nasconde altro.
Chi erano Ursula Hirschmann e Ada Rossi
Potremmo pensare che l’impegno delle due donne verso chi ha redatto il manifesto di Ventotene fosse, appunto, solamente un impegno amorevole, sponsale. Mogli fedeli e magari anche d’accordo con le idee politiche dei mariti, Ursula e Ada si adoperano per diffondere il manifesto semplicemente perché hanno maggiore libertà di movimento: loro non sono esiliate. Eppure, sono loro a passare davanti ai controlli fascisti. Sarebbero loro a rischiare la vita se quel manifesto, scritto sulle cartine di sigaretta e arrotolato all’interno di un pollo arrosto, venisse scoperto. Viene il dubbio che non siano semplicemente un tramite tra l’isola dell’esilio e il mondo. Che siano protagoniste.
Infatti entrambe le donne, anche prima di sposarsi, sono dichiaratamente antifasciste. Ursula milita in politica prima ancora di conoscere Colorni. Anzi, proprio la sua aperta opposizione al nazismo la costringe a scappare da Berlino, dove è nata, a Parigi, dove incontra il futuro marito. Ada è una donna emancipata per il periodo storico in cui vive: con una laurea in matematica e fisica, insegna in diversi istituti e in uno di questi conosce Ernesto Rossi. Viene considerata apertamente antifascista, ma si salva dal processo che porterà all’esilio del marito in quanto “elemento di collegamento”. Insomma, una messaggera di informazioni. La stessa cosa che farà con il manifesto di Ventotene: lo sposta da una parte all’altra, ne permette la diffusione, fa da tramite.

Un esercizio di immaginazione su chi ha redatto il manifesto di Ventotene
Questa storia sta perfettamente in piedi. Un gruppo di dissidenti intellettuali scrive un manifesto altamente sovversivo e le donne, fedeli ai loro mariti e alle loro idee, si prodigano a diffonderlo. Dentro un pollo arrosto, permettimi di ripeterlo. Proprio sotto gli occhi del partito fascista, uomini e donne collaborano per un ideale che sembra impossibile. La guerra sta distruggendo l’Italia e l’Europa, ma loro pensano già al dopo. Alla ricostruzione, a chi e come dovrà evitare il ripetersi di tanto orrore. Pensano. Discutono. Scrivono sulle cartine di sigaretta.
Qui la mia mente non può che svolgere un lavoro a cui la sottopongo spesso: fare un esercizio di immaginazione. Proviamo insieme a visualizzare la scena. Ci sono tre uomini e le mogli di due di loro in una stanza o qualcosa del genere. Sono lì perché condividono un ideale che va al di là delle rispettive fedi politiche: sono antifascisti. Tutti, sia gli uomini che le donne. E stanno parlando di cosa fare per arginare il dolore, la barbarie, il sangue, la paura che il fascismo hanno diffuso. Stanno parlando. Nella stessa stanza. Stanno decidendo come trasformare in parole quell’anelito del loro cuore che è molto diverso dal patriottismo nazionalista che impera. E una volta stabilite quelle parole, decideranno su quale supporto scriverle, in quale scrigno contenerle per permettere alle loro idee di oltrepassare il blocco fascista.
Immagina di essere Ursula o Ada
Immagina di lavorare da quando eri giovanissima per combattere il fascismo, in un modo o in un altro. Di aver sposato un uomo che è talmente schierato politicamente da meritare l’esilio. E poi immagina di andare a trovarlo, spesso, su quell’isola in mezzo al Tirreno, perché in fondo condividi le sue convinzioni, anche se il partito non ha le prove per esliare anche te. Conosci gli altri esiliati, in particolare due che sono diventati grandi amici di tuo marito. Sono intellettuali, hanno grandi idee, pensieri che volano al di là della guerra in corso. Sono persone che la pensano, almeno sui valori fondanti, come te.
A un certo punto, in quella stanza, in quella casa o seduti intorno a un prato mantre mangiate pollo arrosto, prende forma un’idea. Nasce chissà da chi. Da chi dei tre, o da chi dei cinque. Io immagino che ci siano cinque persone intorno a quel tavolo, a quella tovaglia da pic nic o riunite in un capannello. Il manifesto è diviso in tre parti, ognuna a firma di uno, due o tre degli autori. Ma nessuno sa chi, tra gli esiliati e le loro mogli, disse cosa, chi partorì una frase o un’altra, né sappiamo esattamente se altri prigionieri dissero la loro su quel manifesto. Perché non dovrei immaginare Ursula e Ada come partecipanti attive alla stesura? Tutte chine su quelle cartine di sigarette, intente a trasformare in un progetto quell’idea che faceva battere il loro cuore quanto quello dei loro mariti. Io immagino che siano almeno cinque, le persone da considerare quando ci chiediamo chi ha scritto il manifesto di Ventotene. Forse di più.
È una storia vera?
Credo che non lo sapremo mai. Non ci sono prove della partecipazione di Ursula e Ada nella stesura del manifesto, solo del loro contributo nella diffusione. Ma a me piace immaginarle così. Ho letto, ascoltato, partecipato a troppe storie in cui il contributo delle donne viene cancellato. Il maschilismo interiorizzato fa anche questo. Ci induce a pensare che, se in un gruppo di persone politicamente schierate che cambiano il mondo ci sono sia uomini che donne, siano stati solo i primi a dare un contributo concreto. Ma non importa, in fondo, chi ha redatto il manifesto di Ventotene veramente.
Un gruppo di persone ha visto il dolore del mondo e ha deciso di adoperarsi per contenerlo. È una storia magica in ogni caso, e allo stesso tempo reale e realistica. Anche oggi, in tutto il mondo, ci sono persone che lottano per un ideale. Per rendere il mondo migliore. Non sempre possiamo fare qualcosa di concreto per aiutarle, ma con un esercizio di immaginazione possiamo dare valore al loro contributo. Ovunque siano, qualunque sia il loro ruolo concreto, qualora stiano muovendo una montagna con le mani o solo spostando una virgola. Ci sono. E noi possiamo essere con loro, anche oggi. Io e te possiamo fare la differenza, possiamo contribuire a trasmettere nel mondo gli ideali in cui crediamo, sia scrivendo e pensando idee originali che condividendo quelle altrui. Non ci serve un pollo arrosto: basta un click, un like, un pensiero diffuso tramite i canali che conosciamo.
