In queste settimane in moltissimi abbiamo speculato, fatto meme e chiacchierato sulla terza stagione di Bridgerton. Una deliziosa fantasia romance in cui le donne portano acconciature anni ’50, le coppie interraziali sono perfettamente accettate nella Londra Regency e gli abiti di Cressida Cowper sembrano usciti dritti dritti da un armadio anni ’80. Insomma, non possiamo propriamente chiederci se Bridgerton sia una storia vera, perché chiaramente non lo è. Ma possiamo chiederci: cosa ci insegnano Lady Whistledown e la sua storia?
Chi è Lady Whistledown?
ATTENZIONE SPOILER PER LE PRIME TRE STAGIONI DI BRIDGERTON, E L’ULTIMA IN PARTICOLARE!
Se non hai letto i libri né guardato la serie tv, ti prego di non andare oltre. Mi è impossibile scrivere del lavoro creativo, e di come questo venga svilito in ogni epoca della storia, senza farti spoiler. Magari finisci le puntate e torna tra qualche giorno 😉
Lady Whistledown è il mistero intorno al quale ruota la prima parte di Bridgerton, sia nella serie che nei fortunatissimi libri di Julia Quinn. Si tratta di una scrittrice che pubblica a cadenza regolare una rivista, “Lady Whistledown Society Papers”. Qui si sparlotta del mercato coniugale di Mayfair, degli amorazzi e degli scandali della Londra bene e del legame tra questi scandali e colei che tutto guarda e tutto vorrebbe controllare: la regina Carlotta, a cui è dedicato uno spin-off della serie. Nell’adattamento Netflix, la rivelazione di chi sia la scrittrice arriva presto, alla fine della prima stagione. Si tratta di Penelope Featherington, vicina di casa e grande amica della famiglia Bridgerton che dà il titolo alla serie. Una ragazza che appare del tutto ingenua, presa in giro e isolata dalle famiglie più in vista sia per i familiari un po’ trash che per il suo aspetto fisico considerato poco conforme.
Il ruolo di Penelope e la verità storica
Ribadisco ancora una volta che Bridgerton è pura fantasia, che ribalta qualsiasi parvenza di realtà anche nella scelta del ruolo di Penelope. Per assurdo, infatti, pur essendo ad oggi considerata “in carne”, “cicciottella”, altri epiteti poco lusinghieri che di fatto la indicano come un corpo non conforme a Hollywood, nella Londra Regency Penelope avrebbe avuto una schiera di corteggiatori.
Infatti proprio il corpo morbido e pieno di curve dell’attrice, Nicola Coughlan, era considerato quello più attraente in quel periodo secondo alcuni storici. Ma non importa. Penelope rappresenta la non-conformità fisica dei nostri tempi, non dei suoi. E comunque non è solo il suo aspetto fisico a metterla all’angolo. Ha una personalità timida, si vergogna di madre e sorelle decisamente troppo chiassose, non osa dichiararsi al fratello della sua migliore amica di cui è innamorata da sempre. Potremmo dire che è la sfigata della scuola, se la scuola fosse Mayfair. Ma anche le sfigate nascondono segreti.
Il potere di Lady Whistledown
Scoperta dalla migliore amica Eloise nella seconda stagione, e poi dalla mamma e dal futuro marito Colin nella terza, la doppia identità di Penelope è, come la definisce lei stessa, “il suo potere”. Una sorta di Gossip Girl ante-litteram che grazie al suo giornale scandalistico rivela ipocrisie e contraddizioni dell’aristocrazia londinese. E non solo questo. Lady Whistledown è potere perché permette a Penelope di esprimersi come non ha mai potuto e saputo fare.
Il suo alter-ego le dona la forza e la sicurezza in sé stessa che non ha nella vita vera. Le dona, se vogliamo essere sinceri, anche un’indipendenza economica che in quel periodo, per una donna, è più preziosa che mai. Con i proventi del giornale Penelope sfugge al controllo della mamma, acquista dei vestiti che la aiutino a sentirsi sé stessa, rende felici le sorelle e, nei libri, finirà anche per finanziare l’attività di scrittore del marito. Mica male!
La dignità del lavoro creativo secondo Bridgerton (e non solo)
Quando l’identità di Lady Whistledown viene scoperta, la risposta di tutti i personaggi è la stessa: lasciala andare. Nella terza stagione Penelope ha avuto l’altrettanto rara fortuna di essere chiesta in moglie proprio dall’uomo che ama, Colin. Che coincidentalmente è anche uno degli scapoli più ricchi della città. La regina cerca disperatamente Lady Whistledown e Cressida Cowper, per tutt’altro motivo, è disposta a fingere di essere lei. Di fatto, il giornale non serve più a Penelope, o almeno questo pensano le persone al suo fianco.
In realtà Whistledown e i suoi Society Papers le servono come l’aria, semplicemente perché sono il suo lavoro di una vita. Un lavoro così ben fatto da aver attirato l’attenzione e l’ira della regina, così accurato da ricevere complimenti da due dei più accaniti lettori in città. Penelope è brava e ama quello che fa. Non è solo una questione di soldi.
Scrivere, e scrivere di frivolezze
Momento confessione: è capitato anche a me di essere Lady Whistledown. Insomma, non esattamente, ma più o meno. Scrivo da sempre e, quando Sbirilla è nata, scrivevo solo di moda. Frivolezze, sciocchezze, solo gossip, come dicono a Penelope nella serie. Lascialo andare, non è importante. Ma per me lo era, tanto quanto per Penelope. Era il mio modo di esprimere me stessa quando non ero in grado di esprimermi a voce.
Continua ad esserlo, nonostante sia cresciuta e abbia superato alcuni blocchi. E continuo a scrivere anche di frivolezze. Scrivo di femminismo e di advocacy per le mie malattie croniche, ma pure di Bridgerton e dell’ultimo vestito indossato dalla principessa Kate e della nuova puntata di House of the Dragon. Scrivo quello che mi va, quando mi va, come mi va, perché questo spazio è mio.
Lady Whistledown, la regina e il lavoro creativo online
Continuo, come Lady Whistledown (ma peggio, perché ci metto il mio nome e cognome) a scrivere di tutto quello che mi va. E attiro antipatie, sdegno da parte di chi crede che dovrei occuparmi solo di lavoro “serio” e perfino l’ira di qualche regina, ogni tanto. Mi è stato detto più volte. I social, il blog, la newsletter, perché non li lasci andare? A cosa ti servono? A me servono per guardare il mondo, studiarlo, conoscerlo, conoscere me stessa e gli altri e prendermi pure un po’ in giro. Mi servono perché scrivere è il mio lavoro e amo farlo anche quando a questo non corrisponde un compenso economico. Mi servono perché il mio lavoro è lavoro e il fatto che sia un lavoro creativo non dà a nessuno il diritto di pensare che sia inutile.
Una YouTuber che seguo, ma con la quale non mi trovo sempre d’accordo, ha spiegato con chiarezza cosa significhi lavorare con i contenuti per il web (proprio lei, che si occupa quasi unicamente di gossip).
Ti è mai capitato che io venissi nella sala riunioni del tuo ufficio e ti dicessi “Non mi piace come hai fatto questo grafico sul bilancio del primo trimestre, non è abbastanza accattivante, appare altezzoso e poi non è comprensibile a chi non lavora nel tuo ufficio”? No. E allora perché ti permetti di venire nel mio posto di lavoro, sul mio canale YouTube, sulla mia pagina Instagram a dirmi come dovrei produrre i contenuti e di cosa dovrei parlare? Fai il tuo lavoro, io faccio il mio.
Cit. Shallon Lester
Lasciateci lavorare!