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Mi perdonerà Michela Murgia se, pur dopo aver letto quasi tutti i suoi libri, comincio a sentirmi spaesata in quanto donna, femminista e cattolica. Se la stanchezza verso una Chiesa sempre più distante dai problemi terreni non basta, è arrivato Papa Francesco a demonizzare l’aborto sicuro e legale per darmi l’ulteriore mazzata. Io di figli non ne posso avere e non ne voglio, il mio utero bruttino ha fatto sì che la mia scelta fosse molto più semplice di quella di tante altre donne. Ma è per loro che devo battermi, nel mio piccolo. E anche, in fondo, per me. Perché questa scelta, che il mio corpo al momento sta facendo al posto mio, possa un giorno davvero diventare mia.

Cosa significa chiedere l’aborto sicuro e legale?

Un aborto sicuro e legale vuol dire che ogni persona possa decidere di sé, del proprio corpo, della propria famiglia in modo del tutto libero. Più di ogni altra cosa, significa che nessuna donna sia costretta a portare avanti una gravidanza che, per qualsiasi motivo, non ha scelto. Ed è proprio qui che iniziano i problemi. Decidere che qualsiasi motivazione sia valida significa accettare che tutte e tutti e tuttə possano scegliere di interrompere una gravidanza senza dare spiegazioni a nessuno.

Qui cominciano a scricchiolare le convinzioni. Va bene, una donna deve avere accesso all’aborto sicuro e legale se ha subito uno stupro, se il futuro padre è una persona dedita alle molestie sulle donne e alla violenza, se è minorenne o vittima di incesto. E se non lo è? Se semplicemente non desiderasse questa gravidanza, se non si sentisse pronta, se non avesse la serenità fisica e mentale per crescere un figlio? Se avesse deciso che no, il ruolo di madre e moglie tradizionale non rientra nei suoi desideri?

My voice my choice, ovvero perché dobbiamo pretendere l’aborto sicuro e legale in Europa

La campagna My Voice My Choice nasce da un’iniziativa dei cittadini e delle cittadine in tutta Europa, che chiedono l’accesso a un aborto sicuro e legale su tutto il territorio. Lo chiedono senza mezze parole e a gran voce (infatti la raccolta firme sta andando molto bene già nei suoi primi giorni di campagna). Perché? Perché siamo stanchə di sentire che il nostro corpo non ci appartiene, che venga usato come campo di battaglia per lotte politiche e ideologiche.

Cos’ha detto Papa Francesco sull’aborto?

L’ultima dichiarazione di Papa Francesco, ti dicevo, ha reso davvero difficile continuare a frequentare la Chiesa se sei una donna, se sei femminista, se credi nella libertà. “I medici che praticano l’aborto sono dei sicari” è solo una delle orribili frasi che ho sentito pronunciare al Pontefice, colui che dovrebbe essere il portavoce del mio Dio sulla Terra. Ma il mio Dio difende la vita che esiste già, e prima di ogni altra cosa difende la libertà di scelta. Ci ha dato il libero arbitrio perché lo usassimo e ci ha sempre protettə da chi volesse fare di noi solo un corpo privo di sacralità. Il corpo è sacro non in quanto creatore di vita (altrimenti il mio non lo sarebbe), ma in quanto corpo. Creato da Lui per la mia libertà.

Corpo femminile e spirituale e vocazione alla maternità

C’è una cosa che tutti, compreso Papa Francesco parlando di aborto, utilizzano contro la nostra capacità di scelta. Una fantomatica vocazione alla maternità che non solo è discriminatoria, ma ti dirò di più: non esiste.

Un gruppo di ricercatori dell’Università Statale della Louisiana (LSU) crede di aver individuato un ormone collegato all’istinto materno. […]sarebbe infatti l’ossitocina, già indicata come “l’ormone dell’amore”, a svolgere un ruolo molto importante nel comportamento materno.

Huffingtonpost.it

Si tratta quindi, semplicemente, di amore. Di un atto di cura che vale sempre, che mette in gioco sempre gli stessi elementi chimici, che produce sempre le stesse reazioni e che non è prerogativa di chi partorisce.

Persone accudenti e non solo

Madre lo si è quando si è accudenti verso chiunque, non solo i rpopri figli biologici. E vuoi sapere un’altra cosa? Puoi anche essere donna e non avere alcun istinto di accudimento e va bene così. L’attrice Tracee Ellis Ross ha parlato così in merito alle discussioni sulla maternità che stanno accendendo il dibattito in USA:

Le donne senza figli hanno accudito il mondo ed elevato la sua cultura nei ruoli di madrine, zie, insegnanti, mentori, sorelle, amiche e molto altro. Non devi per forza partorire per contribuire all’avanzamento dell’umanità.

[liberamente tradotto dal discorso di Tracee Ellis Ross]

Ma anche questa è una semplificazione. Possiamo anche non accudire il mondo, non accudire nessuno, e siamo donne e uomini e persone di valore lo stesso. Il mito della madre sofferente, che dona tutta sé stessa per i figli (biologici o no) non è altro che questo. Un mito. Un archetipo in cui le donne sono state ingabbiate per secoli e che non ci identifica, soprattutto non ci appiattisce tutte sullo stesso piano dell’esistenza. Siamo donne (e persone con corpi femminili, persone non binarie e in qualsiasi altro modo vogliamo definirci) indipendentemente dal nostro ruolo.

L’aborto sicuro e legale ci libera da un ruolo di genere che non ci appartiene

Quell’archetipo della madre è una gabbia per tutte, il che non significa che non esistano donne felici di abitarlo. Ci sono, sì, donne per cui la maternità è la vocazione. Ne conosco diverse, le ammiro e le rispetto. Ma non rappresentano la forma assoluta dell’essere donna, nessuna di noi lo fa. Così come esistono le donne con la vocazione alla maternità, esistono quelle per cui questa è solo una delle tante manifestazioni del loro essere, e quelle per cui essere madre non è assolutamente un traguardo o un desiderio. E anche queste le conosco, le ammiro, le rispetto. Come dovresti fare anche tu.

Perché i cittadini e le cittadine, soprattutto giovani, si stanno mobilitando

L’iniziativa My Voice My Choice sta avendo grande diffusione soprattutto tra i giovani. Corre veloce sui social media, dove persone di tutte le età e di diverse identità di genere stanno spingendo la Comunità Europea a prendere decisioni chiare e definitive sull’aborto sicuro e legale, su tutto il territorio. Se è vero che gli uomini etero della generazione Z sono sempre più vicini alle idee conservatrici, è probabile che lo siano proprio a causa della mancanza di un’educazione sessuoaffettiva e di una coscienza di genere. Coscienza che le donne e le persone queer hanno dovuto sviluppare per proteggersi, per provare a creare un mondo nuovo a misura di tuttə.

A tal proposito, ho fatto qualche domanda a Serena Tosi Santoro, presidente dell’associazione intersezionale Inclusiv3, che trovate qui.

Serena, cosa sta succedendo? Perché c’è tanta mobilitazione sull’aborto sicuro e legale?

In questo momento tante persone si stanno mobilitando anche perché siamo ancora vicinə alla data del 28 settembre, Giornata Internazionale dell’aborto sicuro. Sicuramente le lotte intersezionali (più gruppi sociali discriminati lottano per questo diritto e non solo le donne bianche cis) e la forza territoriale e mediatica di movimenti come Non Una Di Meno aiutano la percezione dell’aborto come diritto umano (in Francia il diritto all’aborto è stato addirittura inserito nella Costituzione).

Sicuramente il fermento attuale in Italia è dovuto anche alle politiche antiabortiste del governo Meloni che, nonostante la già dilagante obiezione di coscienza, ha reso legge la presenza delle associazioni antiabortiste nei consultori con annessi finanziamenti pubblici. Una pratica che già era iniziata in alcune Regioni italiane guidate dal centrodestra (Piemonte, Umbria e Lazio sono alcuni esempi) e che ora è diventata legge nazionale lo scorso aprile. Le dichiarazioni della Ministra Roccella secondo cui purtroppo l’aborto è un diritto, la proposta di Maurizio Gasparri sul riconoscimento di capacità giuridica allə concepitə, il caso del cimitero di Flaminio a Roma con feti sepolti senza consenso e nomi delle donne ben visibili come stigma sociale, il caso di donne costrette ad ascoltare il battito fetale (c’è stata in merito anche una raccolta firme per rendere questa prassi obbligatoria, depositata in Cassazione a maggio 2023 da Provita & Famiglia e sostenuta da altre associazioni antiabortiste), hanno messo sotto l’occhio di tuttə quanto questo diritto, già ampiamente ostacolato dall’obiezione di coscienza (72 ospedali in tutta Italia hanno tra l’80 e il 100% di personale medico obiettore – Fonte Dati di Lalli e Montegiove) sia sotto attacco.

Anzi ritornando alla raccolta firme dell’obbligo di ascoltare il battito del feto, questo ha messo in evidenza il rapporto di associazioni italiane antiabortiste con associazioni internazionali dello stesso stampo. Ecco perché è sempre più importante avere una coscienza collettiva, internazionale ed europea, sul diritto all’aborto e alla sua difesa.

Cosa pensi che stia cambiando nella percezione del diritto all’aborto sicuro e legale?

Oggi questo diritto inizia ad essere percepito come diritto umano e come diritto potenzialmente costituzionale, come diritto intersezionale, perché non riguarda solo le donne bianche cis, ma anche persone transgender, non binarie, intersessuali e persone non bianche, per le quali è ancora più difficile abortire (Fonte: Libera di Abortire). Sta cambiando in parte il linguaggio, che deve essere più inclusivo, parlando ad esempio di “persone gestanti”.

La lotta intersezionale mette sempre più in evidenza la differenza tra chi ha possibilità economiche e chi no, anche nell’accesso a questo diritto (chi deve spostarsi in viaggio da una Regione all’altra per poter abortire) e di quanto la possibilità di non avere facilmente accesso all’aborto sia collegato con il benessere mentale della donna e della persona che abortisce. La lettura oggi è sempre più intersezionale nonché transnazionale, perché la tendenza, a partire dalla situazione europea, è quella che verte verso politiche conservatrici e di destra. Una politica che dobbiamo invertire, con una lotta consapevole e collettiva, e con il sorriso, perché va cambiata anche la narrazione di questo diritto, per troppo tempo legato a sole immagini di sofferenza.

Cosa succede quando una donna non ha accesso all’aborto sicuro e legale?

In alcuni casi, succede che ricorra a metodi poco sicuri e poco legali. Rischia insomma di perdere la vita e quella del bambino. Oppure succede che si senta costretta a portare a termine la gravidanza. Il bambino nasce, piange, arriva su questa Terra. E poi? Poi vivrà in una famiglia che non lo ama, con una madre che lo vede come una costrizione, in una situazione in cui non potrà crescere come meriterebbe. Tutto questo, secondo qualcuno, sarebbe preferibile? I casi di cronaca ci dimostrano quanto abbiamo bisogno dell’educazione affettiva e di un percorso di educazione sessuale consapevole

Non farò il suo nome, ma la conosci. L’hai giudicata in fretta e hai deciso che contro di lei tutta la tua furia dovesse scatenarsi, in parte giustamente. Una ragazza di 22 anni che, a quanto dicono le informazioni che abbiamo attualmente, ha partorito e ucciso due neonati seppellendoli nel giardino di casa. Un’assassina, senza alcun dubbio. Ma hai riflettuto su come questi orrendi crimini avrebbero potuto essere scongiurati? Se questa ragazza avesse ricevuto un’educazione sessuale improntata alla contraccezione. Se avesse potuto rivolgersi alla sua famiglia, alla comunità cattolica che a quanto pare frequentava, alle amiche, senza subire giudizi. Soprattutto, se avesse avuto accesso a un aborto sicuro e legale, anonimo e privo di stigma sociale, come sarebbero andare le cose? Forse con minor sofferenza, per tutte le persone coinvolte.

Foto di Xinyi W. su Unsplash

Ringrazio Serena Tosi Santoro per il suo prezioso intervento e ti invito a dire la tua, rispettosamente e pacificamente, su questo argomento così delicato.

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