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Sono Giovanna e ho la Fibromialgia. Ho scritto questa frase ogni giorno sul mio diario per un anno intero, l’anno in cui ho deciso di iniziare una terapia psicologica dopo la diagnosi di fibromialgia. Oggi, 12 maggio giornata internazionale della fibromialgia, voglio raccontarvi il perché.

Perché ho la fibromialgia?

Questa è la prima domanda che mi è passata per la testa, subito, quando ho ricevuto la mia prima diagnosi. E si è ripetuta ininterrottamente nella mia testa da quel giorno. Perché? Perché proprio io? Ma partiamo dall’inizio.

La sindrome fibromialgica, per chi non lo sapesse ancora, è una patologia dalle origini ancora sconosciute. Viene chiamata anche la malattia dei 100 sintomi perché tanti (e anche di più) sono i problemi che chi soffre di fibromialgia sperimenta quasi ogni giorno. Questi vanno dal dolore cronico all’emicrania, dai problemi urinari a quelli riproduttivi. E poi dalla perdita di memoria agli acufeni, dalle problematiche legate alla cosiddetta fibro fog alle vere e proprie malattie mentali. Tutto in un bel pacchettino confezionato e infiocchettato, che si trova dentro di me. Wow. Verrebbe da credersi speciali.

La scrittura come terapia

E speciali lo siamo? Forse no. Forse semplicemente abbiamo la fibromialgia. Sono Giovanna e ho la fibromialgia. Quando, dopo mesi di isolamento, mi sono convinta ad affrontare una terapia psicologica, la mia terapista mi ha chiesto di scriverlo ogni giorno su un diario. Così, come una carta d’identità. Sono Giovanna e ho i capelli ricci. Sono Giovanna e ho il naso a patata. Sono Giovanna e ho la pelle chiara. Sono Giovanna e ho la fibromialgia. Una caratteristica del mio essere, esattamente come i capelli ricci, il naso a patata e la pelle chiara. Chiedermi perché ho la fibromialgia è come chiedermi perché ho i capelli ricci. Sono così. Punto. Non è un mio merito né un mio demerito, non è una colpa e non è un premio. Solo il modo in cui sono fatta. E certo avere il naso a patata è una scocciatura (soprattutto quando bisogna indossare la mascherina, eh), ma avere la fibromialgia è peggio. Eppure sono entrambe cose che fanno parte di me. Inscindibili dalla mia persona.

Fibromialgia, come combatterla

Il 12 maggio è la Giornata Mondiale della Fibromialgia, quella in cui si cerca di aumentare la consapevolezza di questa malattia nel personale medico e sanitario, nei parenti e negli amici dei malati e… nei malati stessi. Eh sì perché il primo passo per affrontare una malattia cronica è accettare di averla. Sono Giovanna e ho la fibromialgia, capito? Lo scrivevo sul mio diario. Ogni giorno. Quel diario non lo leggeva nessuno, neanche la psicologa. Lo leggevo solo io. Quella carta d’identità era per me. Anzi, è per me. Perché ancora oggi, a distanza di anni da quella diagnosi, a volte me ne dimentico.

Mi addosso colpe che non ho, quella di non avere un lavoro stabile e quella di non poter fare lavori pesanti neanche in casa, quella di non poter dimagrire perché non riesco a fare attività fisica se non leggerissima, quella di non partecipare alle feste di amici e familiari perché, semplicemente, a volte non ce la faccio. Non è colpa mia. Ma è così difficile ricordarsene. Dovrei ricominciare a scriverlo tutti i giorni: sono Giovanna e ho la fibromialgia.

Combattere è una parola che si sente spessissimo legata alle malattie croniche, mentali o terminali. Sto combattendo una malattia. Sono una guerriera. Devo combattere. Ma è veramente così? No. Il mito del malato cronico guerriero, ve lo assicuro, fa più danni che altro. Contro chi dovrei combattere, poi? Sono Giovanna e ho la fibromialgia. Siamo inseparabili, una dentro l’altra. Dovrei combattere contro me stessa? No grazie, ho abbastanza problemi al momento.

E allora come si cura?

Non esiste una cura, al momento. Non esiste neanche una causa riconosciuta, e ciò impedisce a noi malati cronici di veder riconosciuti i nostri diritti. Come non si curano i capelli ricci, se proprio vogliamo tornare su questo aspetto del mio faccino. Loro se ne stanno lì, prima ci litighi, provi a stirarli e immaginare come saresti carina se non fossero così, ma tornano sempre ad arricciarsi, maledetti. Poi piano piano impari a volergli bene. Ad accettare che fanno parte della tua faccia, sei tu quella chioma riccia. Puoi conviverci.

Ecco cosa possiamo fare con la fibromialgia (e tantissime altre malattie croniche che non hanno una cura): conviverci. Imparare quali sono i nostri limiti, quali reazioni ha il nostro corpo e chiederci di volta in volta se vale la pena di affrontarle per una festa, un viaggio, un lavoro. A volte la risposta sarà sì, a volte no. A volte il nostro corpo ci farà una sorpresina e reagirà in maniera completamente diversa dal solito e dovremo ricalibrare i nostri confini. Rispettarli. Farli rispettare agli altri. Pretendere che ci accettino così, come siamo. Pretendere di accettarci noi stessi così, come siamo. Rimanere saldi sulle nostre priorità. Come la campanula, che è il fiore legato alla Giornata Mondiale della Fibromialgia del 12 maggio. Sapete qual è il significato della campanula nel linguaggio dei fiori? Perseveranza, capacità di crescere nelle intemperie, di sopravvivere là dove la maggior parte degli esseri viventi muoiono. Tipo quando si trovano ad affrontare tutti i giorni il dolore cronico. Eh.