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Quando finirà l’emergenza Coronavirus? è la domanda che ci stiamo ponendo tutti, incessantemente, da ormai due mesi. E non solo quella: abbiamo 100 domande, una più complicata dell’altra, e per ognuna di esse nessuna risposta. Quando riapriranno i parrucchieri? Quando potremo viaggiare di nuovo? Abbiamo perso la nostra normalità per sempre? Ne troveremo una nuova? E come sarà? Diventeremo tutti più belli e più buoni o sempre più isolati ed egoisti?

La verità su tutte le 100 domande che hai sulla quarantena

La verità è che non puoi avere le risposte. E sarò ingenua o eccessivamente idealista, ma sono convinta che nessuno le abbia. Non c’è un potere unico che tira le fila di tutto il mondo trattandoci come burattini, che si diverte a impedirci la nostra mezz’ora di jogging al parco o a rovinarci le vacanze al mare. Semplicemente, nessuno sa quando finirà l’emergenza e nessuno sa cosa succederà dopo la pandemia.

Il nostro istinto animalesco ha bisogno di certezze, la nostra mente, che è complicatissima ma allo stesso tempo ha bisogni semplici, chiede risposte certe su cosa succederà alla tribù umana nel prossimo futuro, non trova le risposte e si arrovella su 100 domande una più inutile dell’altra. Non sappiamo come il coronavirus cambierà il nostro modo di vivere, di viaggiare, di gestire i rapporti sociali e le feste, le funzioni religiose e le passeggiate, non sappiamo quanto e in che modo dovremo adattarci a un sistema di valori nuovo. Non abbiamo gli strumenti. Possiamo solo fidarci di chi prende le decisioni per noi. Oppure non fidarci, ma il risultato è lo stesso. Se stanno facendo le scelte giuste o sbagliate lo sapremo, forse, soltanto dopo. E intanto? Intanto come affrontiamo questo isolamento che ci ha rinchiusi ognuno con sé stesso (o con membri della tribù che magari non avremmo scelto) a tempo indeterminato?

L’unica domanda alla quale possiamo veramente rispondere durante la quarantena

Quando è iniziata l’emergenza, ci siamo sentiti tutti improvvisamente più vicini. Come un unico essere, la tribù Italia (poi la tribù Europa, poi la tribù Mondo) ha pensato di poter affrontare il coronavirus con un grande senso di unità e collaborazione. Sono partiti i flash mob sui balconi, le videochiamate con gli zii che non sentivamo da mesi, le imprese di solidarietà. Tutto bellissimo, sì, ma non poteva durare.

Dopo due mesi di isolamento, perfino chi è abituato a passare lunghi periodi in casa sta cedendo. Siamo stanchi. Ci sentiamo spaesati, soli e, appunto, privi di risposte. Tutte le coordinate della nostra vita quotidiana – il lavoro e la spesa, il pranzo della domenica dalla suocera, il cinema una volta al mese, l’aperitivo del venerdì sera, la passeggiata in centro e l’abbonamento in palestra che no non ci voglio andare, ma ora che non posso sì, ci voglio andare – sono improvvisamente scomparse. Ci siamo trovati nel mare in tempesta, più soli che mai.

E se inizialmente pensavamo di poter affrontare la pandemia tutti insieme, un’onda di umanità che si infrangeva contro lo scoglio del pericolo comune, abbiamo dovuto accettare che siamo soli. Ognuno dentro le proprie case, da soli o con i nostri fidanzati, genitori, coinquilini, e con una gigantesca lente d’ingrandimento puntata addosso. Ed ecco la chiave di volta: la lente d’ingrandimento. Ognuno chiuso nella propria bolla (di perfetto isolamento o di drammatica vicinanza con il virus), le uniche domande che valga la pena di porci sono quelle che riguardano noi stessi. Chi sono? Di cosa ho bisogno, cosa mi manca? Chi mi manca e perché? Come mi relaziono con gli altri? Chi aggiunge valore alla mia vita e chi no? 

 

 

Trovare le risposte durante la quarantena, agire quando finirà l’emergenza

Queste sono le domande che puoi e devi, dovresti porti in questo momento. E non è detto che troverai le risposte. E non è detto che ti piaceranno. Ma uscirai da questa quarantena più consapevole, conoscerai meglio te stessa e gli altri, il tuo microcosmo che ruota attorno alle relazioni familiari, amicali, lavorative della tua vita.

Fermati. Respira. Ripara il tuo universo. Vai avanti.

Riparare il tuo universo è la condizione necessaria per andare avanti, quando finirà l’emergenza e troveremo la nostra nuova normalità. L’unico compito che abbiamo, come esseri umani, è arrivare a quel momento con il maggior grado di pace interiore possibile. Riconoscere i nostri punti di forza e i nostri punti deboli, analizzare le nostre reazioni e le nostre relazioni, accettare che certi rami vanno tagliati è solo un passo. Poi bisognerà riparare. Può aiutarti la meditazione, lo yoga, la preghiera, i libri che insegnano ad amarsi. Ma se c’è qualcosa di veramente rotto nel tuo universo, dovrai avere il coraggio di rivolgerti a un professionista e fare terapia. Siamo esseri umani limitati. Se il rubinetto perde e non sappiamo ripararlo, chiamiamo un idraulico che ne sia in grado. Se il nostro microuniverso si è rotto e abbiamo bisogno di guarirlo, ci rivolgiamo a uno psicoterapeuta. E poi andiamo avanti.