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Quando finisce il Festival del Cinema di Venezia, proprio l’ultimo giorno (il giorno di Johnny Depp e di Roger Waters), arriva la rivelazione. Il film che ti chiedi come mai sia in concorso e ti rispondi che non potrebbe essere altrimenti: “La mafia non è più quella di una volta“, il docu-film di Franco Maresco dai toni cinici e tragicomici.

La mafia non è più quella di una volta e Belluscone

Franco Maresco aveva vinto il premio speciale della giuria Orizzonti nel 2014 con “Belluscone – Una storia siciliana” e quest’anno torna al Lido, stavolta in concorso, con “La mafia non è più quella di una volta“. Anche se torna non è proprio la parola esatta, visto che il regista ha disertato il Festival di Venezia e non ha rilasciato la conferenza stampa di rito. Così rimane ancora più impresso il film, perché non abbiamo altro modo di analizzarlo se non riflettendo sul film stesso, sugli scenari tragicomici e grotteschi di una Palermo che “festeggia” il 25° anniversario della scomparsa di Falcone e Borsellino.

Si apre proprio così il film in concorso al Festival del Cinema: con le celebrazioni del 2017 a Palermo. Ed è subito chiaro che qualcosa non va. Le navi della legalità, i cori da stadio che inneggiano ai due martiri della mafia, la musica da discoteca che fa da sfondo alla manifestazione stridono in maniera buffa e dolorosa con chi la lotta alla mafia l’ha vissuta e la vive tutt’ora. Letizia Battaglia, fotografa ultraottantenne che ha documentato le stragi degli anni ’80 e ’90 commenta, delusa “Allora piangevamo, oggi cantano e ballano. Mah“.

E “mah” è proprio il commento spontaneo che ti esce di bocca una volta finita la visione del film: 100 minuti di ritratti grotteschi di una Palermo che esiste davvero, e io ho vissuto in uno dei suoi quartieri più disagiati quando ero una studentessa universitaria, e lo so bene. Conosco gli sguardi a volte indifferenti e a volte apertamente ostili di chi, alle domande di Franco Maresco, risponde “Falcone e Borsellino? Non mi interessano, no comment“. O peggio “Sono stati degli eroi? Per chi? Per me no“. Conosco il circo di fenomeni da baraccone che gira attorno alle feste di quartiere, quelle in cui si cantano canzoni neomelodiche fino a tarda notte (con buona pace delle studentesse universitarie che vivono nel palazzo accanto) e si inneggia a mariti, padri, fratelli incarcerati. Ospiti dello Stato, li chiamano, mentre scende una lacrimuccia nel ricordare il loro coraggio da criminali fieramente allineati con la mafia.

Ciccio Mira e Letizia Battaglia: le due facce di Palermo

E se da un lato Letizia Battaglia rappresenta la Palermo coraggiosa e indomita, quella che non ci sta a lasciarsi sopraffare da un sistema che sembra impossibile da combattere, dall’altra si staglia la figura tragicomica di Ciccio Mira. Quest’ultimo, impresario delle feste di quartiere di cui sopra, già protagonista del precedente film di Maresco “Belluscone“, rimane sempre inquadrato in bianco e nero, una scelta di regia ben precisa, rappresentazione di quella Palermo, quella Sicilia e quell’Italia che non sanno andare avanti. Fieramente ignorante, ci regala perle come

“Lei un millantatore, lo sa?”

“Sì”

“Ma sa che cosa significa?”

“Sì un brillantatore, uno che fa brillare le cose”.

E di certo brilla, il suo serraglio di cantanti neomelodici stonati e ragazzini con problemi mentali sfruttati per soldi, di ballerine decrepite e musicisti folk. Tutti fieramente contrari a urlare NO alla mafia, anche durante il concerto del 19 luglio allo ZEN. In uno dei quartieri più malfamati di Palermo si svolge la grande manifestazione organizzata da Ciccio Mira & co., per onorare Falcone e Borsellino. Dicono loro. Eppure si rifiutano di riconoscerne le battaglie.

“Hanno fatto tante cose, l’illuminazione stradale, i giardinetti, gli asili”

“E la lotta alla mafia, anche”

“No, quella non mi interessa. Non ne so niente io”.

E ancora

“Il Signore li ha voluti chiamare a sé”

“Ma come, Ciccio? Questo lo puoi dire quando uno muore per cause naturali, Falcone e Borsellino sono morti ammazzati. Sta dicendo che il Padreterno era d’accordo con Riina?”

“No comment”.

No comment è la frase che si ripete più spesso in questo film, il silenzio omertoso che secondo Ciccio Mira è nel DNA dei palermitani. Ma io a Palermo ho vissuto, sono siciliana, e so che esiste una Sicilia diversa, una Palermo diversa da questo grottesco ritratto che fa ridere nervosamente tutta la platea di giornalisti per poi guardarsi, confusi, all’uscita dalla sala. Questa è la Sicilia? Questa è la mafia? Non lo so, di sicuro “La mafia non è più quella di una volta” ma continua a farci paura, come una volta.