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Immagina di superare la prova costume, presentarti al mondo così come mamma (e i medici, e i farmaci) t’ha fatto.

 

Non ci riesci, vero? Ti svelo un segreto: non ci riesce nessuno. Non ci riescono le persone in perfetta salute, dal fisico tonico e dai muscoli scolpiti, a superare la prova costume la prima volta che mostrano il loro corpo da spiaggia. Poi dopo un inverno di pallore e cioccolatini, che tanto sotto strati e strati di maglioncini la pancia non si vede. Come vuoi riuscirci tu?

La prova costume quando soffri di una malattia cronica

O anche due o tre, vogliamo farci mancare qualcosa? Non importa quanto sia invisibile la tua patologia, se sei malata ti vedi malata. Punto. Anche se tutti intorno a te ti dicono che ti vedono ingrassata tu ti vedrai deperita. Se tutti ti trovano bene ti sentirai uno straccio. Perfino se sei dimagrita ti sentirai enorme e flaccida. 

E ho scoperto il motivo: non importa cosa vedano gli altri, il tuo corpo e la tua mente lo sanno che sei malata e non ti permettono di dimenticarlo, mai. A meno che…

Immagina di AVERE un corpo, non ESSERE un corpo

Io sono la mente. Lo diceva Rita Levi Montalcini, che qualcosina la sapeva, no? Siamo la mente, non siamo il corpo. Abbiamo un corpo (e meno male, se no come andremmo in giro?). Ma il corpo non ci definisce, si tratta solo della forma dentro cui ci muoviamo. In cui soffriamo, se siamo malati. 

Questa nozione ci aiuta a renderci conto che in fondo la prova costume cos’è? La prova che abbiamo un corpo e possiamo infilarlo in un costume. Notizia shock (Barbara D’Urso insegna): ce l’ho un corpo. E posso infilarlo in un costume, anche in un bikini se mi va. Magari non in quello di due anni fa, in quello non ci entra più. Eh. Ma comunque in un costume. E andare in spiaggia, perfino, e quando voglio togliermi il copricostume, perfino. Ecco come faccio. 

 

 

Superare la prova costume in pochi giorni

Non tornavo in Sicilia da quasi un anno. Non vedevo il mare da quasi un anno. Il mio, di mare, perché è troppo facile a Jesolo, dove non ho praticamente nessuna chance di incontrare qualcuno che conosca. Difficile è a San Leone, a casa, dove so che in qualsiasi spiaggia, in qualsiasi giorno, a qualsiasi ora ci sarà qualcuno che conosco, da salutare sorridente mentre sto mezza nuda in tutta la mia magnifica mollezza, con i rotolini in bella vista e il pallore che abbaglia e i peli che mi sono sfuggiti dietro le ginocchia (ma quanto è difficile beccarli, tutta storta dentro la doccia?). È un’altra storia, andare a mare a casa. In costume. In bikini. 

Infatti il primo giorno ho tenuto la gonna, perché l’acqua era fredda e non avrei comunque fatto il bagno. E il secondo giorno ho tenuto su il vestito, perché c’era troppo vento e lo sappiamo tutti cosa fa il vento alla mia cervicale e alla mia schiena. Fa cose brutte, per chi non lo sapesse. Se siete malati cronici lo sapete, qualsiasi tipo di tempo atmosferico ci fa del male. Amen. 

Il terzo giorno c’era un caldo bestiale, era mezzogiorno, l’acqua era calda e invitante e io mi sono tolta i vestiti. Così, di sabato mattina nella spiaggia più affollata della mia città. Ed è stato in quel momento che mi sono resa conto, con un po’ di stupore e un sacco di sollievo, che nessuno mi stava guardando male. Nessuno osservava i rotolini o il pallore o i peli o la pancia gonfia o l’unghia spezzata del mio alluce.

Perché? mi sono chiesta all’improvviso. Cosa succede alle brave genti agrigentine che hanno sempre passato l’estate a osservare e criticare e raccontare e a chiedersi ma mica è ingrassata Giovanna, da quando sta in Veneto? Mica ha dimenticato come si usa un rasoio, Giovanna? Che c’entra la sua malattia con il fatto di non depilarsi le sopracciglia?

Ci ho messo un po’ a capire, la mia visita ad Agrigento è quasi finita e la gente di Agrigento non è cambiata. Forse non è mai stata perfida come pensavo, forse sono io che ho cambiato atteggiamento. Forse sono io che ho smesso di osservare nervosamente intorno a me per scrutare ogni occhiata, controllare da quale angolazione si vedesse maggiormente la pancia, se sotto il sole qualcuno brillasse come me o magari anche di più (ci sono sempre i turisti, i turisti tedeschi sono una garanzia se ti senti troppo pallida). Ero io che, cercando ossessivamente chi mi stesse guardando nel mio corpo imperfetto, attiravo gli sguardi su di lui? Ero io a immaginare quegli sguardi, quelle voci, mentre invece ognuno si stava divertendo con gli amici e la famiglia e non pensava affatto ai miei rotolini sulla pancia?

Non lo so. Ma so che quest’anno non mi importa, e per me questo vuol dire superare la prova costume: rendermi conto non è affatto una prova, andare in spiaggia alle mie condizioni e godermi il mio mare. Bello.