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Buongiorno e buon sabato cari!

Probabilmente ho perso un po’ troppo tempo, sono passati ben 10 giorni dalla fine della Paris Fashion Week e dell’intero fashion month, se n’è parlato in lungo e in largo, ma come sapete io agisco d’istinto, scrivo quello che mi sento di scrivere ed oggi sento l’impulso di scrivervi le mie opinioni. Alcune di queste le avete lette sulla mia pagina facebook, altre le ho condivise con il blog-community di Franca Sozzani, ma insomma se dovessero interessarvi eccole qua 🙂

I primi giorni non li ho seguiti affatto, ero in Veneto senza connessione wifi, ma ho fatto una veloce (e sognante) full immersion appena tornata a casa. Mi sono innamorata dei lunghi e fluttuanti abiti di Elie Saab (e chi se no?), i corti strutturati di Giambattista Valli, la fanciulla eterea e maliziosa di Rochas e quella gitana e un po’ figlia dei fiori di Dries Van Noten. Mi sono emozionata per l’addio al pret-a-porter di Jean Paul Gaultier, sono rimasta abbagliata dai volumi di Dior. Mi hanno colpita anche Undercover (che non conoscevo, shame on me!), l’arte astratta e a tratti inquietante di Gareth Pugh, le esplosioni scarlatte di Comme des Garcons.

Comme Des Garcons
Dior
Dries Van Noten
Elie Saab
Gareth Pugh
Giambattista Valli
Jean Paul Gaultier
Rochas
Undercover

Impossibile poi non innamorarsi dello show Chanel. Prima degli abiti (stupendi, colorati ed immancabilmente chic), prima delle indossatrici (Cara Delevigne e Gisele Bundchen, giusto per citarne due) si è parlato a lungo e ancora si parlerà dell’inimitabile genio di Karl Lagerfeld. La collezione è stata presentata in un immaginario Boulevard Chanel, ancora una volta un messaggio chiarissimo per chi crede che la moda sia troppo lontana dalla nostra quotidianità. E il finale? Meraviglioso: l’esercito di bellissime modelle ha inscenato una protesta in stile anni ’70, con tanto di cartelloni inneggianti alla libertà, alla parità dei sessi e al ruolo della donna. Come fa ad anticipare non solo le tendenze ma anche i temi più controversi? Solo pochi giorni prima il discorso sul femminismo di Emma Watson all’Onu aveva scandalizzato, provocato, attirato elogi, critiche e polemiche. Con questa sfilata il Kaiser Karl fa di “Femminista ma femminile” il grido di battaglia della donna Chanel. La donna che tutte noi vorremmo essere, e forse un po’ lo siamo già. 

Chanel

Infine le sfilate di Valentino, Louis Vuitton ed Hermès sono riuscita a vederle per intero. In streaming ovviamente! Ma ho cercato di “lavorare” come una giornalista: cellulare spento, taccuino alla mano e attenzione massima. Per Valentino la prima parola che mi viene in mente è delicatezza. Sembra che tutto ciò che passa tra le mani di Maria Grazia Chiuri e Pier Paolo Piccioli diventi leggero, impalpabile, addirittura fragile. Così le scollature laterali che mostrano la pelle diafana delle modelle, il pizzo sangallo in mille sfumature pastello, il blu (protagonista della prossima stagione), il bianco ottico, le ispirazioni ’70s (anche queste trend di stagione), le balze e le stampe folk, i ricami preziosi e gli strati leggeri di trasparenze mi hanno portata in un mondo da sogno. Comun denominatore un’ispirazione, sottile ma costante, all’Antica Grecia: dai sandali rasoterra i cui lacci risalgono fino alle ginocchia alle preziose e discrete acconciature. Il made in Italy trionfa, anche a Parigi. 

Valentino

Dopo 15 anni di onorato servizio da Balenciaga, mounsier Nicholas Ghesquiere è passato alla direzione artistica di Louis Vuitton con una maestria ed una grazia che in pochi ci aspettavamo. E’ entrato nello spirito del brand, ma non solo. E’ entrato anche nel guardaroba di tutte noi, ci ha frugato dentro, ha capito cosa poteva servirci e come avremmo potuto indossarlo e lo ha portato in passerella. Con la sua firma ben in vista, ovviamente. Non ho mai amato Louis Vuitton (fustigatemi!) ma da quando c’è lui a tenerne le redini aspetto con ansia questa sfilata. Perché è una sfilata che ci serve, che ci suggerisce realmente cosa indossare la prossima stagione. Con la nostra firma ben in vista, ovviamente. Gli abiti non saranno alla portata di tutte, ma lo stile sì. Prendiamo appunti e reinventiamolo. 

Louis Vuitton

Infine Hermès. La sabbia del deserto, una passerella semplice e lineare, una luce calda e diffusa a fare da scenografia. Linee morbide o asciutte ma comunque pulite, appena movimentate dal plisseé di gonne ed abiti. Colori neutri, bianco abbagliante, nero, sabbia, rosso e blu. Capelli sciolti sulle spalle e make up nude. Hermès è tutto ciò che mi aspetto da una sfilata parigina: chic, essenziale, di classe, senza tempo. Una donna che sa cosa vuole, che nel deserto afferma la propria identità senza orpelli, senza trucco e senza inganno. Semplicemente donna, assolutamente abbagliante. 

Hermès

Sono stata molto combattuta se scrivere o meno questo post. I miei pensieri, quando scrivo, corrono alla rinfusa, senza sosta e a volte senza criterio. Temevo di annoiarvi. La comunicazione sul web oggi è veloce ed immediata, un post così lungo chi lo legge? Beh alla fine l’ho scritto. Perché questo è il mio spazio privato e non avrebbe senso gestirlo secondo leggi dettate da altri. Questa sono io. Spero di indurvi qualche riflessione sulla moda non come consumismo o arte ornamentale, ma come specchio della nostra società, del nostro tempo, delle nostre storie. Lasciatemi come sempre le vostre opinioni, se mi insulterete per la lunghezza vi darò anche ragione 🙂 Baci baci!